Turismo organizzato. 13mila imprese e 86mila posti a rischio. Variante Omicron non fa ben sperare per il futuro

AgenPress – Non si può attendere un minuto di più: il comparto del turismo organizzato è l’unico a essere rimasto fermo durante tutta la pandemia cioè quasi due anni. A rischio ci sono 13 mila imprese e 86 mila addetti. Un settore che fatturava 13,3 miliardi nel 2019, che ha visto un crollo a 3 miliardi nel 2020 e chiuderà il 2021 in una situazione ancora peggiore, sui 2,5 miliardi di ricavi, con una riduzione superiore all’80%.

La denuncia arriva da tutte le associazioni riunite a Roma nella conferenza “Non c’è più tempo”. I viaggi degli italiani verso l’estero segnano nel 2021 un -92% a causa della chiusura di quasi tutte le mete extra Ue.

Tour operator e agenzie di viaggio dall’inizio della pandemia sono stati costretti a fare un uso massiccio degli ammortizzatori sociali: tuttora la quasi totalità delle imprese ha il personale in cassa integrazione al 100%, ma la Cig Covid è in scadenza a fine dicembre. “Senza estensione – spiegano – sono già a rischio disoccupazione 40mila addetti su 86mila; si stima infatti che il 98% delle aziende non coprirà il costo del lavoro senza ammortizzatori e più dell’80% ricorrerà ai licenziamenti.

Nel comparto, inoltre, il 70% degli occupati sono donne (60mila) e questa crisi causerà la perdita di occupazione, professionalità e tante imprese in rosa”.

Adesso la variante Omicron non fa ben sperare per il prossimo futuro, “benché l’Oms – sottolineano – abbia messo in guardia i Paesi dall’imporre ulteriori restrizioni ai viaggi senza prima aver ottenuto chiare evidenze scientifiche e nonostante la Ue abbia raccomandato di adottare un approccio basato sulla condizione personale del viaggiatore più che sul generico rischio Paese. Approccio auspicabile in ragione dell’alto tasso di vaccinazione raggiunto in Europa e dei protocolli che consentono di muoversi in sicurezza”.

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