Anguille europee a rischio estinzione

AgenPress. Il numero di anguille europee è crollato del 90% nel giro di pochi decenni. La crisi è cominciata negli anni ’80, quando gli arrivi di anguille dall’Atlantico sono diminuiti in modo allarmante.

ll primo ad accorgersene è stao il biologo olandese Willem Dekker. “Ricordo che da adolescente andavo a pescare di notte, il mare era pieno di giovani anguille – dice Dekker -. Ora sono quasi sparite. Non conosciamo veramente la causa del declino. Perdita di habitat, inquinamento delle acque interne, pesca, l’introduzione di qualche parassita o forse il cambiamento climatico nell’oceano. Pensiamo che probabilmente sia un mix di questi motivi, ma essenzialmente non lo sappiamo”.

Come se non bastasse tonnellate di anguille vengono contrabbandate illegalmente in Asia in contenitori refrigerati e normali valige. Dopo che Europol ha sgominato i principali gruppi criminali in Spagna e in altri paesi, il mercato nero è stato ridotto a circa 50 tonnellate di anguille all’anno. Si tratta comunque di due o tre volte di più dell’intero mercato legale europeo.

C’è chi suggerisce di vietare la pesca delle anguille. Ma questa soluzione potrebbe portare ad un bracconaggio incontrollato. Le misure del regolamento europeo sembrano essere più efficaci.

“Tra il 1980 il 2010 il declino è stato del 15% ogni anno. Dopo l’approvazione del regolamento sulle anguille nel 2007, a partire dal 2010 quel calo ha iniziato a stabilizzarsi e negli ultimi 11 anni c’è stato una piccola ripresa. Quindi siamo a un punto di svolta. Ma non basta regolare la pesca. Dobbiamo cambiare il modo in cui sono gestite le nostre acque dolci”.

Gli sforzi dell’Unione europea

Fiumi come il Frémur, nel nord della Francia, sono vitali per la migrazione delle anguille dal mare verso l’interno e viceversa. Le anguille si sono evolute per superare alcuni ostacoli naturali, ma oggi ci sono troppe dighe e sbarramenti sul loro cammino. Queste barriere influenzano il flusso dei fiumi, aumentandone l’inquinamento e la tossicità e indebolendo le anguille.

“Ci sono 1,2 milioni di dighe in Europa, cioè circa una diga ogni 400 metri di corso d’acqua – dice Eric Feunteun, professore di ecologia marina -. Tutto ciò contribuisce al declino di questa specie che ha bisogno di migrare e di vivere in un corso d’acqua non modificato, che offra il cosiddetto continuum fluviale dalla sorgente al mare.”

Il lungo studio in corso sul Frémur mostra che, nonostante i recenti picchi, meno anguille stanno migrando, probabilmente a causa degli ostacoli lungo il fiume. Seguendo il regolamento europeo, gli stati membri stanno adottando delle misure per facilitare la migrazione, per esempio installando passaggi per i pesci. La loro efficacia però è limitata. I ricercatori suggeriscono misure più ponderate, come ad esempio l’apertura delle barriere per un breve periodo durante i picchi migratori.

“Nonostante le misure adottate in questo sito con l’installazione di passaggi per le anguille, la popolazione ha continuato a diminuire. Erano sforzi necessari, ma non sufficienti”, dice Fabien Charrier, responsabile del progetto “Fish pass”. Le centrali idroelettriche sono un’importante fonte di energia rinnovabile, ma le loro turbine possono ferire e uccidere le anguille adulte che tornano all’oceano per deporre le uova. Nei Paesi Bassi il progetto “Eel over the dyke” (“Anguille oltre la diga”) punta a mitigare questa minaccia: i pescatori catturano le anguille fuori stagione e le rilasciano dall’altra parte della centrale per dar loro un accesso sicuro al mare.

 

 

 

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