Birmania. 3° giorno di proteste contro il golpe. Militari minacciano azioni dure

AgenPress – Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in Myanmar, per il terzo giorno consecutivo, per protestare contro il colpo di Stato militare che ha rovesciato il governo guidato dalla Lega nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi. A Yangon, capitale economica del paese, lavoratori monaci e studenti intonano slogan: “Non lavoreremo anche se i nostri salari scenderanno. Non vogliamo una dittatura”.

Sventolano bandiere rosse con i colori della Lega nazionale per la democrazia (LND), il partito di Aung San Suu Kyi, trattenuta agli arresti da lunedì scorso. “Liberate i nostri leader”, “Rispettate i nostri voti”, “Rifiutiamo il colpo di stato”, si legge sugli striscioni. “Le manifestazioni sono spontanee, pacifiche e partecipatissime; solo qui nel centro di Yangon, accanto alla Pagoda di Sule, stanno sfilando in almeno 100.000; contestano il colpo di Stato, non vogliono più vedere i militari al potere”, è la testimonianza di Ranieri Sabatucci, ambasciatore dell’Unione Europea in Myanmar. Ma le proteste sono in corso anche in molte altre città del Paese, con cortei a cui partecipano persone in moto come a Tangû, 300 chilometri a Nord di Yangon.

A Naypyidaw, la capitale costruita dalla giunta militare, si sono radunate decine di migliaia di persone. La polizia ha usato cannoni ad acqua contro la folla. Kyaw Zeyar Oo, un testimone, ha detto alla Bbc che due veicoli militari hanno inondato i manifestanti senza “alcun preavviso”, mentre “la folla stava protestando pacificamente davanti alla polizia”. Intanto i generali che hanno preso il potere in Myanmar hanno lanciato un duro monito: “Bisogna agire in base alla legge con iniziative efficaci contro violazioni che disturbano, minacciano e distruggono la stabilità dello Stato, la pubblica sicurezza e la legalità”, recita una nota letta da un annunciatore della televisione pubblica Mrtv. Insomma la giunta appare pronta a ricorrere al pugno duro.

Imponenti manifestazioni anche a Mandalay, seconda città del Paese, Dawei e Hpa-an. La notte i centri urbani risuonano del rumore di utensili sbattuti contro pentole e padelle, una pratica che, secondo la tradizione, scaccia gli spiriti maligni ma da giorni è utilizzata come rumoroso segno della protesta. Tornati al potere dopo dieci anni, i militari hanno giustificato il golpe sostenendo che il partito di Suu Kyi abbia vinto le elezioni dello scorso novembre con i brogli. La giunta ha dichiarato lo stato di emergenza per un anno, dopo il quale ha promesso nuove elezioni. Numerosi gli appelli della comunità internazionale per la liberazione della Nobel per la pace. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha chiesto ai generali di lasciare il potere.

La tv di Stato ha lanciato un avvertimento su possibili “azioni” contro le minacce alla “sicurezza pubblica”. “Occorre agire secondo la legge con misure efficaci contro i reati che disturbano, impediscono e distruggono la stabilità dello Stato, la sicurezza pubblica e lo stato di diritto”, si legge in un comunicato letto nel canale Mrtv. Stamane la polizia ha usato cannoni ad acqua contro i manifestanti nella capitale, provocando alcuni feriti.

E’ la prima volta che il regime birmano lancia un duro avvertimento alla popolazione da quando sono iniziate le manifestazioni, sabato scorso. Le proteste hanno raccolto in diverse città del paese decine di migliaia di persone, dopo il golpe che ha destituito Aung San Suu Kyi, messa in stato d’arresto.

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