Codici: chiediamo alla Procura di fare piena luce sul pomodoro straniero spacciato per 100% italiano

AgenPress. Dietro il tricolore poco o nulla. È l’accusa nei confronti dell’azienda Petti, dove i Carabinieri per la Tutela Agroalimentare hanno sequestrato oltre 4mila tonnellate di prodotti finiti e semilavorati nell’ambito di un’indagine condotta dalla Procura di Livorno.

Sono sei le persone indagate per concorso in frode in commercio e l’associazione Codici ha deciso di presentare un esposto affinché si faccia piena luce.

L’accusa è di quelle gravissime – afferma Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – perché si parla di concentrato di pomodoro estero proveniente da Paesi non appartenenti all’Unione Europea che sarebbe stato miscelato con quello italiano per poi essere lavorato e venduto come 100% italiano e toscano. Parte dei prodotti sequestrati erano pronti per essere messi in commercio.

Durante la perquisizione, i Carabinieri hanno anche colto in flagranza di reato gli addetti ai lavori che miscelavano il concentrato di pomodoro estero insieme al semilavorato di pomodoro italiano così da realizzare il prodotto da utilizzare per i prodotti finiti come conserve e passate di pomodoro. La tutela dei consumatori in ambito alimentare sta diventando sempre più importante. Il mercato è pieno di offerte pericolose, perché nascondono frodi che possono avere anche ripercussioni sul piano della salute se il prodotto venduto non rispetta determinati parametri.

Un plauso, dunque, a chi opera per assicurare che sulle tavole dei consumatori arrivino prodotti sicuri e certificati, in questo caso i militari del Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare ed i militari delle Unità dell’Arma Territoriale e Forestale, ma anche un invito all’azienda oggetto del sequestro a spiegare fatti dai contorni a dir poco inquietanti. È doveroso chiarire anche la qualità dei prodotti già in commercio. Dal canto nostro, rinnoviamo l’invito ai consumatori a prestare attenzione quando si fanno acquisti, leggendo attentamente l’etichetta, anche se purtroppo non sempre racconta la verità”.

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