Coronavirus. Dopo pressioni Cina a Oms, Taiwan non parteciperà ad assemblea

Agenpress – “Nonostante i nostri sforzi e un livello senza precedenti di supporto internazionale, Taiwan non ha avuto un invito a partecipare”.

Così ha detto il ministro degli esteri Joseph Wu, annunciando che Taiwan ha deciso di non premere sulla partecipazione all’assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che si apre oggi: nonostante gli sforzi, l’isola non ha ricevuto un invito formale da osservatore, come in passato, a causa delle pressioni della Cina.

Taiwan ha avuto lo status di osservatore alle assemblee dal 2009 al 2016, ma è stata poi bloccata dal veto cinese dopo l’elezione alla presidenza dell’isola di Tsai Ing-wen, ritenuta una promotrice di politiche separatiste.

Taiwan aveva fatto pressioni per prendere parte all’organo decisionale dell’Oms, l’Assemblea mondiale della sanità (WHA), volendo condividere l’esperienza di successo nella lotta al coronavirus, avendo riportato solo 440 casi e 7 decessi grazie al lavoro di diagnosi e prevenzione.

“Il ministero degli esteri esprime profondo rammarico e forte insoddisfazione per il fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità abbia ceduto alle pressioni del governo cinese e continui a ignorare il diritto alla salute dei 23 milioni di persone di Taiwan”, ha aggiunto Wu.

Sia l’Oms sia la Cina hanno ribadito che l’isola ha ricevuto aiuti e informazioni durante la pandemia: fatti che Taipei ha fortemente contestato. Gli Usa, che hanno congelato i pagamenti all’organizzazione di Ginevra definita tra l’altro da Donald Trump troppo filo-cinese, si sono scontrati con la Cina sul rifiuto opposto alla presenza di Taiwan all’assemblea, possibile secondo Pechino solo con il previo riconoscimento del principio della “Unica Cina”, ritenendo l’isola parte del suo territorio destinato alla riunificazione anche con l’uso della forza.

Wu, in conferenza stampa, ha riferito che Taiwan aveva anche concordato che la questione della partecipazione sarebbe stata rimandata a fine anno in modo che i lavori della sessione attuale potessero concentrarsi sul coronavirus. “Comprensibilmente, i Paesi vogliono usare il tempo limitato a disposizione per concentrarsi sui modi di contenere la pandemia”, ha osservato.

“Per questo motivo, nazioni e alleati diplomatici che la pensano allo stesso modo hanno suggerito che la proposta sarà trattata entro la fine dell’anno, quando le riunioni saranno condotte normalmente, per assicurarsi che ci possa essere una discussione piena e aperta”, ha concluso il ministro.

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