Corte diritti umani condanna l’Italia per aver diviso una madre dalla figlia, avviando adozione

AgenPress –  La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato l’Italia per aver interrotto i rapporti tra una madre e sua figlia dichiarando quest’ultima adottabile senza aver prima cercato altre soluzioni .

La vicenda è iniziata nel febbraio 2013, quando la madre si rivolse ai servizi sociali chiedendo aiuto perché il marito la maltrattava. Madre e figlia furono quindi accolte in un centro di assistenza e seguite per due anni dai servizi sociali. Questi ultimi inviarono al tribunale dei minori una serie di rapporti in cui, dopo una prima valutazione positiva, mettevano in dubbio la capacità della madre di prendersi cura della bambina. Ma continuarono comunque a sottolineare i rapporti affettivi molto stretti tra la piccola e sua madre. La Cedu, che ha deciso di non fornire i nomi della madre e sua figlia, indica solo che sono nate nel 1982 e 2012

Nel settembre del 2015 il pubblico ministero domandò al tribunale di sospendere l’autorità genitoriale e di dichiarare la bimba adottabile. La madre si oppose fino in Cassazione a questa decisione, ma invano. Da qui la decisione di presentare ricorso alla Corte di Strasburgo che ha bocciato la scelta fatta dai tribunali italiani, affermando in particolare che “gli argomenti su cui si è basata la decisione di dichiarare la bimba adottabile sono insufficienti”. I giudici di Strasburgo contestano soprattutto il fatto che prima di decidere i tribunali non abbiano proceduto a una valutazione delle capacità genitoriali della madre e della situazione psicologica della minore.

“Gli argomenti dati dai tribunali italiani per giustificare la loro scelta – sottolinea la Corte – sono insufficienti” . Dato che la procedura di adozione non è stata ancora ultimata, la Cedu chiede alle autorità italiane di “riconsiderare rapidamente la situazione della madre e della figlia”.

La Cedu ha quindi condannato l’Italia a versare 42 mila euro come risarcimento per danni morali a madre e figlia per aver violato il loro diritto al rispetto dei legami familiari. Inoltre la Corte di Strasburgo ha sottolineato che questo non è il primo caso in cui l’Italia viene condannata per una tale violazione, e che negli ultimi anni il Paese è stato ritenuto numerose volte responsabile di aver spezzato i legami tra genitori e figli con procedure di affido e adozione, o decisioni sui diritti di visita.

Dato che la procedura di adozione non è stata ancora ultimata, la Cedu chiede alle autorità italiane di “riconsiderare rapidamente la situazione della madre e della figlia”.

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