Facebook Papers. Migliaia di documenti rivelano il dissenso dei dipendenti sulle politiche del sito

AgenPress – I maggiori media americani – 17 in tutto – hanno pubblicato  i cosiddetti ‘Facebook Paper’ che svelano i segreti del social di Mark Zuckerberg.

I nuovi documenti, più di 10.000 pagine, offrono uno spaccato di quanto accade all’interno della società e il suo processo decisionale. Le rilevazioni includono gli allarmi ignorati dei dipendenti sui discorsi di odio e la disinformazioni, oltre alle loro richieste di impedire ai politici americani e alle celebrità di postare sul social tutto quello che volevano a dispetto del rispetto delle politiche.

I documenti rivelano inoltre l’appello dei dipendenti a fermare i post che incitavano alla violenza in paesi a rischio come l’Etiopia, ma anche le segnalazioni già nel 2018 del traffico di esseri umani. 

I documenti rivelano come i servizi di Facebook siano stati usati per diffondere l’odio religioso in India: le ricerche condotte all’interno del social hanno messo infatti in evidenza come il materiale anti-Islam sulla piattaforma è diffuso e come i contenuti che incitavano all’odio e alla violenza si erano particolarmente diffusi nel febbraio del 2020, in coincidenza con le tensioni scoppiate a Nuova Delhi durante le quali sono morte 53 persone.

Fra le rilevazioni anche quelle riportate dal Washington Post citando alcune fonti e riguardanti Zuckerberg direttamente. L’amministratore delegato si sarebbe infatti piegato alla richiesta del partito comunista del Vietnam di censurare i dissidenti anti-governativi, anche perché non farlo avrebbe comportato il rischio di essere cacciati dal paese.

Tra le agenzie stampa c’è anche la CNN, che ha pubblicato storie che spiegano come alcuni gruppi presenti su Facebook seminino discordia e violenza. Ma anche come i trafficanti di essere umani utilizzano le sue piattaforme per sfruttare le persone. A pubblicare informazioni sull’azienda di Menlo Park è anche il Wall Street Journal. 

I documenti sono stati divulgati alle autorità di regolamentazione statunitensi e forniti al Congresso in forma redatta dal consulente legale di Frances Haugen, ex data scientist di Facebook, diventata informatrice.

Un consorzio di testate giornalistiche, tra cui il Financial Times, ha ottenuto le versioni redatte ricevute dal Congresso. All’inizio di questo mese, Haugen ha testimoniato al Congresso che la società di social media non fa abbastanza per garantire la sicurezza dei suoi 2,9 miliardi di utenti, minimizza il danno che può causare alla società e ha ripetutamente fuorviato gli investitori e il pubblico.

Il quotidiano ha pubblicato una serie di storie basate su decine di migliaia di pagine di documenti interni a Facebook fatti trapelare da Haugen. Tra gli articoli pubblicati dal WSJ a fare decisamente scalpore è l’inchiesta sull’impatto che Instagram ha sui ragazzi adolescenti. Anche Haugen ha parlato dei danni di Facebook e le altre piattaforme sui più giovani: “I prodotti di Facebook danneggiano i bambini, alimentano la divisione e indeboliscono la nostra democrazia“.

Facebook, da parte sua, ha ripetutamente cercato di screditare Haugen e ha affermato che la sua testimonianza e i rapporti sui documenti caratterizzano erroneamente le sue azioni e i suoi sforzi.

“Al centro di queste notizie c’è una premessa falsa”. Così un portavoce di Facebook ha replicato alla Cnn, tra le 17 testate americane che stanno pubblicando i ‘Facebook papers’. “Certo siamo un business e facciamo profitti, ma l’idea che lo facciamo alle spese della sicurezza o benessere delle persone non comprende quali siano i nostri interessi commerciali”, sottolinea il portavoce, ribadendo la difesa di Facebook fatta dopo la testimonianza di Haugen al Congresso americano.

In un tweet della scorsa settimana, il vice presidente per la Comunicazione, John Pinette, aveva definito i ‘Facebook papers’ una “selezione organizzata di milioni di documenti” interni che “non possono in alcun modo essere usati per trarre giuste conclusioni su di noi”.

Facebook sta pianificando di rinominare se stesso con un nuovo nome già questa settimana, mentre l’ondata di copertura critica continua. (Facebook in precedenza ha rifiutato di commentare questo rapporto.) La mossa sembra essere un chiaro tentativo di voltare pagina, ma una nuova mano di vernice non risolverà i problemi sottostanti delineati nei documenti – solo Facebook, o qualunque cosa possa presto essere chiamato, può farlo.

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