Fase 2. Gratteri, se non arriva prima lo Stato, la mafia usa crisi per aumentare consenso

Agenpress – “Il lavoro nero in Italia è concentrato al Sud  dove ci sono generazioni di famiglie che da sempre lavorano e vivono col nero. Guadagnavano 30 euro al giorno per sopravvivere. Oggi quei 30 euro non ci sono più, perché agricoltura e ristorazione non ci sono più. Ed ecco che i mafiosi si presentano come benefattori, e hanno soldi da investire, perché per loro 100 euro sono come 5 euro per noi”.

E’ quanto dice il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, secondo il quale “con la crisi dovuta al Coronavirus, la Mafia arriva prima dello Stato ad aiutare la gente, con l’usura e i buoni alimentari. Ed aumenta il suo consenso. Lo Stato è in ritardo, e le banche devono rischiare”.

“Se la mafia arriva prima dello Stato a dare soldi ai poveri, questi cittadini poi, alle elezioni successive, si ricorderanno di votare il candidato scelto dalla Mafia. La mafia cerca consenso. In questa situazione di crisi i ristoratori anziché fallire si rivolgono agli usurai. Gli usurai ‘normali’ chiedono scritture in bianco, scritture private di cessioni di case e altri beni. Ma l’usuraio mafioso non ha bisogno di queste garanzie, per lui la garanzia è la vita del debitore. L’usuraio mafioso ha un interesse più vasto, e concorrenziale alle banche. Il suo obiettivo non è arricchirsi, ma soffocare la vittima fino a strozzarla e rilevare l’attività commerciale, per poi riciclare denaro”.

“Lo Stato dovrebbe già essere presente tra la gente che oggi ha bisogno. Ma non c’è, oppure non controlla. Ho parlato con i rappresentati dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani. Gli elenchi dei cittadini bisognosi, che ricevono gli aiuti, come i buoni per la spesa, li fanno i sindaci. Ma se il sindaco è un faccendiere o un prestanome della Mafia, inserirà negli elenchi dei bisognosi gli amici, e gli amici degli amici”.

“E allora questi elenchi devono essere forniti alle prefetture, che diano risposte entro 48 ore per evitare abusi negli aiuti. Altrimenti faremo come con il Reddito di cittadinanza, quando la gente cambiava la residenza da un giorno all’altro per averlo. O gente con il suv da 80mila euro che andava a prendere il tablet per la figlia. C’è bisogno di controlli. Ho parlato anche con il presidente dell’Abi (Associazione Banche Italiane), e gli ho detto: dovete finire di ragionare come le banche, e dare soldi a chi ha già soldi. Oggi anche le banche devono cambiare, perché se crolla il sistema economico, crolla anche quello bancario, perché le banche non avranno più clienti. Questa volta devono rischiare anche loro, rischiare l’insolvenza. Perché con il Pil a -8% non ce la facciamo a recuperare nemmeno in 8 anni. Il presidente dell’Abi mi ha detto che è d’accordo”.

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