Il “Resoconto” di Giancarlo Elia Valori. Libia: a che punto รจ la notte?

AgenPress. Lunedรฌ 9 novembre sono iniziati a Tunisi i colloqui che dovrebbero decidere il futuro della Libia.

Dopo quasi un decennio di disordini, di caos e di guerra civile, forse le Nazioni Unite, con lโ€™impegno diretto della nuova โ€œinviata specialeโ€ Stephanie Wilson, riusciranno a far ragionare le varie fazioni che negli ultimi anni si sono combattute senza esclusione di colpi e a organizzare le prime elezioni politiche nazionali dalle quali dovrebbe uscire, nelle speranze di tutta la comunitร  internazionale, la nuova Libia del dopo Gheddafi.

La signora Williams durante la cerimonia di apertura della conferenza di pace, al cospetto del presidente tunisino Kais Saied, ha dichiarato senza mezzi termini che โ€œla strada verso lโ€™accordo non sarร  lastricata di rose e non sarร  facile raggiungere un buon risultato. La conferenza, tuttavia, รจ la migliore opportunitร  degli ultimi 6 anni per mettere fine alla guerra civileโ€.

Al tavolo negoziale siedono 75 delegati, selezionati dallโ€™ONU, per rappresentare tutte le fazioni che si sono scontrate con le armi da quando, nel 2014, il generale Khalifa Haftar nel tentativo di mettere fine al caos e di limitare lโ€™aggressivitร  delle milizie islamiste, fondo la โ€œLibya Liberation Armyโ€ e lanciรฒ lโ€™ โ€œOperazione Dignitร โ€, che ha portato di fatto alla spartizione della Libia in tre macro aree geografiche che corrispondono grosso modo ai Velayat, alle tre regioni nelle quali i dominatori ottomani avevano suddiviso il Paese: la Tripolitania, il Fezzan e la Cirenaica.

In Tripolitania sono presenti il โ€œGoverno di Accordo nazionaleโ€ costituito nel 2015 sotto lโ€™egida delle Nazioni Unite, riconosciuto (ma non appoggiato, come vedremo) dalla comunitร  internazionale e diretto da Fayez Al Serraji che controlla parte della Tripolitania, il governo di Tobrukย  che occupa tutta laย  Cirenaica con le truppe di Haftar e un conglomerato di milizie tribali espressione delle municipalitร  indipendenti del Fezzan.

I pezzi forti sulla scacchiera sono naturalmente Haftar e Al Serraji, con questโ€™ultimo che dopo aver preannunciato le proprie dimissioni nello scorso mese di settembre, pochi giorni fa ha comunicato la sua intenzione di mantenere la carica fino al raggiungimento di un accordo.

La strada, come ha detto la signora Williams, non รจ โ€œlastricata di roseโ€, anche perchรฉ sul tavolo negoziale si allungano le ombre degli sponsor esterni delle due principali fazioni in lotta, quegli sponsor che di fatto hanno trasformato la guerra civile libica in un conflitto internazionale a bassa intensitร  ma ciononostante potenzialmente molto pericoloso per la stabilitร  del Nord Africa e di tutto il Medio Oriente.

Haftar รจ sostenuto apertamente dallโ€™Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti, dalla Giordania, dalla Francia e dalla Russia, mentre AL Serraji conta sullโ€™appoggio della Turchia di Erdogan, del Qatar e-nel suo piccolo- dellโ€™Italia.

Turchia e Qatar appoggiano Tripoli per motivi ideologici e religiosi, in quanto le milizie che hanno finora tenuto in piedi il fragile governo di Al Serraji sono tutte fortemente islamiste, mentre lโ€™Italia, con una posizione acriticamente โ€œlegittimistaโ€, si รจ schierata con il โ€œGoverno di Accordo Nazionaleโ€ per sottolineare la sua obbedienza alle decisioni dellโ€™ONU.

Come vedremo, tuttavia, non sono in ballo solo interessi religiosi o nazionalistici, ma pesano notevolmente gli interessi legati alla ricchezza della Libia grazie ai suoi immensi, e in parte ancora, inesplorati giacimenti di gas e di petrolio.

Gli sponsor esterni al conflitto civile sono venuti alla scoperto a partire dalla scorsa primavera, quando la โ€œLibyan Liberation Armyโ€ del generale Haftar ha lanciato unโ€™offensiva verso occidente, con lโ€™obbiettivo di conquistare Tripoli e di liberarsi definitivamente di Al Serraji e del suo governo. Di fronte a questa prospettiva, il presidente turco Tayyp Recep Erdogan, che si era giร  premurato di siglare un accordo col governo di Tripoli per lo sfruttamento congiunto delle risorse di gas e petrolio presenti nella โ€œzona di interesse economicoโ€ della Libia ( in pratica tutto il Mediterraneo sud orientale), ha inviato propri militari e- fatto gravissimo per la futura stabilitร  della regione- ha trasferito in territorio libico dai 13 ai 20.000 miliziani siriani reduci dalla guerra civile anti Assad, tutti veterani agguerriti e sperimentati e soprattutto tutti schierati sul fronte dellโ€™estremismo islamico piรน intransigente.

Grazie allโ€™appoggio determinante dei turchi, sul piano militare, e del Qatar sotto il profilo economico, Al Serraji รจ riuscito a fermare Haftar alle porte di Tripoli e, dalla fine dello scorso mese di agosto, il fronte si รจ stabilizzato a ovest di Sirte e un fragile โ€œcessate il fuocoโ€ ha portato un poโ€™ di calma in un Paese che inizia a soffrire anche sotto i colpi del Coronavirus. Il 23 ottobre scorso a Ginevra, nel palazzo delle Nazioni Unite, la tregua sul campo รจ stata formalizzata con un accordo di โ€œcessate il fuocoโ€.

Se Al Serraji ha potuto contare sul supporto attivo dei turchi, il generale Haftar durante tutta lโ€™offensiva della scorsa primavera รจ stato appoggiato sul terreno di scontro dai mercenari russi del โ€œGruppo Wagnerโ€, unโ€™organizzazione di ex membri delle forze speciali russe molto attiva durante la guerra civile siriana, e sul fondamentale sostegno del governo degli Emirati Arabi Uniti, che, insieme alla Giordania ha costantemente rifornito la โ€œLibyan Liberation Armyโ€ di armamenti sofisticati e moderni.

Da Abu Dhabi, un aiuto fondamentale รจ stato assicurato alla truppe di Haftar, dalla compagnia parastatale โ€œInternational Golden Groupโ€, unโ€™azienda di armamenti che ha stretti rapporti dโ€™affari con analoghi gruppi occidentali, prima fra tutti la Thales francese.

Lโ€™โ€International Golden Groupโ€ รจ in partnership con il โ€œRoyal Groupโ€, una holding di proprietร  di Tahnoon Bin Zayed Al Nahyan, il potente Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Emirati.

IGG รจ quindi in prima linea nel sostegno della linea politica di intervento in Libia decisa dal principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed Bin Zayed Al Nahyan ed รจ in prima linea nel โ€œprocurementโ€ di armamenti per la fazione del generale Haftar, essendo in grado di acquistare in Russia armamenti pesanti e sofisticati, come carri armati T-72, missili terra aria SA-3, batterie antiaeree S-300, tutte armi che Abu Dhabi รจ fermamente intenzionato a far arrivare alle truppe del Generale Haftar.

Queste armi, secondo attendibili fonti locali, vista la loro complessitร  dovrebbero essere affidate ai mercenari russi del Gruppo Wagner, alcuni dei quali sono giร  stati visti alla guida degli elicotteri Mi-24 durante lโ€™offensiva di primavera contro Tripoli. Questi elicotteri provengono direttamente dagli arsenali degli Emirati.

Una fonte importante di armamenti per gli Emirati โ€“ e indirettamente per Haftar- รจ la Serbia.

Grazie allโ€™impegno personale di Mohamed Dahlan, ex capo dei servizi segreti palestinesi e protagonista di spericolate operazioni combinate con gli israeliani contro Hamas, che attualmente ricopre la carica di consulente per le operazioni speciali del principe ereditario Mohamed Al Zayed, la โ€œserbian connectionโ€ รจ stata in grado non solo di assicurare un costante rifornimento di armi alle truppe di Haftar, ma anche di far arrivare alla Giordania 80 carri armati francesi Leclerc, dopo che il 21 settembre scorso la compagnia statale giordana Med Wave Sipping era stata pesantemente sanzionata dallโ€™Unione Europea per aver violato lโ€™embargo di armi verso la Libia.

Amman รจ comunque rimasta molto attiva nel sostegno alle truppe di Tobruk, riuscendo a far giungere ad Haftar anche una consistente fornitura di mezzi blindati sudafricani Mbombe 6X6, utilissimi per spostamenti veloci nel deserto.

Questa la situazione allโ€™inizio della conferenza di pace di Tunisi.

IL fronte si รจ stabilizzato lungo quella linea di confine tra Cirenaica e Tripolitania che il presidente egiziano Al Sisi, altro sostenitore di Hafar, ha dichiarato essere un โ€œLinea rossaโ€ che se dovesse essere superata dalle truppe di Al Serraji, o da soldati turchi e miliziani siriani, costringerebbe lโ€™Egitto a schierare a fianco di Haftar le proprie truppe.

Gli stakeholders piรน importanti di quella che in passato รจ stata una guerra civileย  poi degenerata in conflitto internazionale sono schierati alle spalle dei loro protetti, a Tripoli e a Tobruk, e saranno loro a dettare i tempi di una possibile, ma oltremodo difficile, soluzione di una crisi ormai decennale, che sta infettando tutto il bacino mediterraneo.

Al centro di questo bacino cโ€™รจ il nostro Paese, che in modo quasi inconsapevole, sotto lโ€™ombrello formale dellโ€™ONU, รจ schierato in Libia di fatto con Turchia e Qatar, due stati che non hanno mai fatto mistero delle loro simpatie verso i jihadisti e i Fratelli Mussulmani e protagonisti di spregiudicate operazioni, in Siria, di sostegno allโ€™Isis.

Con questi scomodi e imbarazzanti compagni di viaggio, lโ€™Italia si trova oggi ad affrontare non solo il tema delicato della protezione dei propri interessi in Libia, a partire dallโ€™impegno dellโ€™ENI in quello scacchiere, ma anche a dover gestire il delicato dossier dei 18 pescatori di Mazara del vallo, sequestrai dalla Marina di Haftar da molte settimane e rinchiusi in una prigione nelle vicinanze di Bengasi.

Visto che il nostro governo, oberato dai problemi collegati alla diffusione epidemica di Covid 19, non sembra in grado, non dico di realizzare, ma anche soltanto di concepire unโ€™operazione di liberazione dei marinai siciliani usando le nostre eccellenti forze speciali, lโ€™unica strada per arrivare alla liberazione dei malcapitati resta quella di un negoziato con Haftar, sia in via diretta, sia in via indiretta,ย  magari con il sostegno di francesi, o russi o giordani, per non parlare degli egiziani, che tanto si sono spesi per sostenere le istanze di Tobruk.

I media italiani hanno fatto filtrare la notizia che i pescatori di Mazara del Vallo potrebbero essere scambiati con uno scafista libico detenuto in Italia.

La notizia appare poco attendibile, perchรฉ รจ noto che la totalitร  delle barche di migranti che salpano quotidianamente dalla Libia verso leย coste italiane, parte dalle spiagge e dai porticcioli della Tripolitania, tutte sotto il controllo, almeno teorico, delle forze di quellโ€™Al Serraji che noi sosteniamo perchรฉ โ€œuntoโ€ dallโ€™investitura ONU.

Con ogni probabilitร  Haftar detiene i nostri pescatori per indurci a piรน miti consigli politici e geopolitici, non certo per ottenere la liberazione di delinquente tripolino.

Abbiamo parlato di scacchiera sulla quale sono sistemati i pezzi della partita libica.

Se vogliamo influire positivamente sullโ€™esito finale del gioco e fare i nostri interessi a tutela dellโ€™economia nazionale e dellโ€™incolumitร  di nostri concittadini ingiustamente sequestrati e detenuti nelle galere di Bengasi, forse dovremmo rinunciare al ruolo di semplici pedoni e tentare di assumere un maggiore peso in una partita i cui pezzi forti sono turchi, francesi, russi, egiziani, giordani ed emiratini.

Una partita alla quale non si puรฒ partecipare semplicemente recitando slogan a โ€œtutela della legalitร  internazionale sancita dallโ€™ONUโ€, ma che richiederebbe, al pari dei nostri vicini dโ€™oltralpe, buone dosi di realismo e di coraggio.

Giancarlo Elia Valoriย President of International World Group

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