Lavoro. Cei. Inserire nei programmi scolastici e di formazione professionale la disciplina relativa a salute e sicurezza

AgenPress – Le conseguenze della crisi economica gravano sulle spalle dei giovani, delle donne, dei disoccupati, dei precari, in un contesto in cui alle difficoltà strutturali si aggiunge un peggioramento della qualità del lavoro. La Chiesa che è in Italia non può distogliere lo sguardo dai contesti di elevato rischio per la salute e per la stessa vita alle quali sono esposti tanti lavoratori. I tanti, troppi, morti sul lavoro ce lo ricordano ogni giorno. È in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza.

Lo sottolinea la Conferenza episcopale italiana nel Messaggio per il Primo maggio.

“Quali beni sono in gioco in queste situazioni? Innanzitutto, il valore soggettivo e personale del lavoro, quello che è definito «capitale umano», vale a dire «gli uomini stessi, in quanto capaci di sforzo lavorativo, di conoscenza, di creatività, di intuizione delle esigenze dei propri simili, di intesa reciproca in quanto membri di una organizzazione» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 276). Ma anche la complementarietà tra lavoro e capitale, che supera una antica antinomia attraverso sistemi economici dal «volto umano», così che la principale risorsa rimanga l’uomo stesso. È in gioco anche il bene della pace, perché quando ci sono le condizioni di un lavoro sicuro e dignitoso, si pongono le basi per evitare ogni forma di conflittualità sociale (cf FRANCESCO, Messaggio per la LV Giornata mondiale della pace).
Da questi valori imprescindibili scaturisce una cultura della cura, nutrita dalla Parola di Dio, che invita ad aprire il nostro cuore a chi nel lavoro vede messa a rischio la dignità e la propria vita. Come non richiamare alla memoria la sofferenza del popolo d’Israele schiavo in Egitto, costretto a fabbricare mattoni in quantità sempre maggiori e in minore tempo (cf Es 1,13-14a)? L’impietosa scelta che subordina le persone alla logica dei numeri è presente anche nella lettera di Giacomo, che ricorda come le proteste dei mietitori giungono agli orecchi del Signore onnipotente (cf Gc 5,4).
Papa Francesco indica un preciso compito educativo e di tutela dei più deboli nel mondo del lavoro, che impegna la società civile e la comunità cristiana: «Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità» (Udienza, 12 gennaio 2022).
La complessità delle cause e degli eventi richiede un approccio «integrale» da parte di tutti i soggetti in campo: vanno realizzati interventi di sistema sia a carattere statale, sia a livello aziendale. È fondamentale investire sulla ricerca e sulle nuove tecnologie, sulla formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, ma anche inserire nei programmi scolastici e di formazione professionale la disciplina relativa alla salute e alla sicurezza nel lavoro. È importante che lo Stato metta in atto controlli più attenti, che diventino uno stimolo alla prevenzione degli infortuni.
Un ruolo decisivo nella tutela della sicurezza del lavoratore e delle sue condizioni di salute è assicurato dalle modalità di organizzazione dell’impresa sia sotto il profilo dell’adozione delle misure protettive sia della vigilanza affinché esse siano rispettate. Rispetto a ciò, l’appello di Papa Francesco agli imprenditori risuona quanto mai appropriato: «Voi avete una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti; siete perciò chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo «umanesimo del lavoro».

Siete chiamati a tutelare la professionalità, e al tempo stesso a prestare attenzione alle condizioni in cui il lavoro si attua, perché non abbiano a verificarsi incidenti e situazioni di disagio» (Discorso agli imprenditori riuniti in Confindustria, 27 febbraio 2016). I sindacati, nella loro continua ricerca della giustizia sociale, vigilano costantemente sulle condizioni di sicurezza sul posto di lavoro: incoraggiamo il loro impegno a tutela soprattutto delle professioni che risultano più logoranti per la salute o maggiormente esposte a rischio. Sulla scia di quanto la Chiesa che è in Italia ha fatto in occasione della Settimana Sociale di Taranto (ottobre 2021) è importante incoraggiare la condivisione di «buone pratiche» che in ambito imprenditoriale e amministrativo mostrino come coniugare non solo difesa dell’ambiente e protezione del lavoro, ma anche dignità e sicurezza, evitando dunque condizioni che mettono in pericolo la salute o addirittura causano la morte.
Solo se ogni attore della prevenzione, a diverso titolo – a partire dalle istituzioni e dalle parti sociali – contribuisce al contrasto degli eventi infortunistici, si avrà una vera svolta. Per questo è necessario risvegliare le coscienze. Grazie a un’assunzione di responsabilità collettiva si può attuare quel cambiamento capace di riportare al centro del lavoro la persona, in ogni contesto produttivo”.

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