Necessità di norme europee omogenee per il controllo della pandemia

Galileo Violini1, and Behrouz Pirouz2

1 Centro Internacional de Física. Bogotá, Colombia; leoviolini@yahoo.it

2 Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale, Università della Calabria, Rende, Italia; behrouz.pirouz@unical.it


AgenPress. Certamente la situazione dell’epidemia in Europa non è confrontabile con quanto sta succedendo in America. Tuttavia i dati recenti di vari paesi, tra cui l’Italia, che parevano aver superato la fase più critica dell’epidemia richiedono alcune riflessioni.

L’analisi dell´incidenza media giornaliera della pandemia in Europa durante le ultime due settimane ed il periodo 21-17 giugno mostra che solamente in tre paesi (Regno Unito, Svezia e Portogallo) la tendenza è decrescente. In alcuni degli altri paesi (Italia, Germania e Paesi Bassi) pur non riscontrandosi un peggioramento sul periodo lungo, si osserva, e richiama l’attenzione, un aumento dell’incidenza media giornaliera tra la settimana 12-18 luglio e la successiva (19%, 42% e 75%, per i tre paesi, rispettivamente). Questo neutralizza il miglioramento che si era avuto.

La situazione è definitivamente peggiore nei rimanenti paesi, in particolare Spagna, Romania e Repubblica Ceca, come mostra la tabella seguente che presenta i dati di incidenza, durante i periodi indicati, nei paesi europei con almeno 15000 casi confermati di contagio. La tabella include anche la Bulgaria (poco più di 10000 casi e oggetto delle recenti misure italiane di controllo degli arrivi), e l’Italia stessa.

Per apprezzare la rilevanza dei dati abbiamo ritenuto utile ricordare nell’ultima colonna della tabella le rispettive popolazioni (in milioni di abitanti)

 

Paese 19-25 luglio 12-18 luglio 21-27 giugno Popolazione
Spagna 2433 1269 362 46.7
Francia 1189 1230 437 67.0
Belgio 335 194 230 11.4
Romania 1155 659 327 19.5
Polonia 411 329 299 38.0
Svizzera 116 96 45 8.5
Irlanda 17 20 9 4.9
Austria 109 110 37 8.8
Rep. Ceca 194 106 121 10.6
Bulgaria 241 209 108 7.0
Italia 235 198 214 60.4

 

Data la situazione le azioni dei governi si stanno concentrando sul controllo del sorgere di  nuovi focolari e sulla riduzione del rischio di contagio dovuto a casi importati.

Il fatto che le norme tendenti a impedire l’importazione di contagi coinvolgono evidentemente altri paesi a volte ha condotto a prese di posizione nazionaliste. Ricordiamo la reazione cinese al primo blocco italiano, la italiana al blocco da parte dell’Austria e più recentemente della Grecia o la recente spagnola al suggerimento francese di non andare in Catalogna. Il riconoscimento del carattere globale del problema che si sta affrontando dovrebbe convincere tutti che il suo superamento richiede azioni globali.

Tuttavia è indubbio che le normative poste in atto per ridurre il rischio di importazione di contagi presentano differenze difficili da comprendere soprattutto sulla base dell’esperienza dei primi sei mesi dell’epidemia.

Emblematica al riguardo è la differenza tra le norme italiane relative agli ingressi via aerea, oggetto di tre differenti provvedimenti e quelle di ieri (24) in Francia.

La differenza riguarda sia il meccanismo di controllo che i paesi la provenienza dai quali richiede controlli. Quest’ultimo aspetto potrebbe per altro trovare una giustificazione nella differenza dei flussi migratori verso Francia e Italia, anche se una tale spiegazione può spiegare solo in parte le differenze esistenti.

In Italia il meccanismo è stato la proibizione dell´ingresso e dei voli da sedici paesi in due provvedimenti e l’obbligo di quarantena in unl terzo che si applica a due paesi europei, mentre in Francia si è deciso di imporre nei prossimi giorni controlli, se possibile alla partenza in quattro casi (USA, EAU, Bahrein e Panama) e all’arrivo nei restanti dodici, con obbligo di quarantena in caso di positività del test.

Il tema dell’efficacia della proibizione dei voli è controverso. L’Organizzazione Mondiale della Salute e l’Unione Europea alcuni mesi fa ne avevano sottolineato  i limiti e l’esempio del Salvador mostra che un tale meccanismo serve piuttosto a ritardare la diffusione che a bloccarla. Uno studio dell’Universidad de Antioquia in Colombia lo valuta tra i mezzi di mitigazione di minor impatto.

La misura, ciononostante, è stata accolta con favore in Italia, con una logica bivalente, se ricordiamo le reazioni menzionate dianzi. Al Senato il ministro Speranza la ha sostenuta facendo riferimento a paesi di elevata incidenza e di ridotta resilienza del sistema sanitario.

Al di là della perplessità che lascia la scelta dello strumento, il confronto con la Francia non rende molto comprensibile l’identificazione dei paesi.

Tale confronto è presentato nella tabella seguente. Per quanto riguarda l’incidenza abbiamo studiato, con un fit lineare il periodo tra il 9 ed il 22 luglio. Per quanto riguarda la resilienza riportiamo la posizione del paese nel Global Health Security Index, in base alla capacità di risposta ad una pandemia, sebbene si debba riconoscere che questa pandemia ha mostrato che non sempre la valutazione di tale capacità ha avuto riscontro nei risultati  di quel paese. In realtà il GHSI aveva circa un anno fa sottolineato una generale debolezza dei sistemi  sanitari ad affrontare una pandemia.

I simboli PI, PIF, PF rappresentano rispettivamente: paesi nella sola lista italiana, in entrambe le liste e nella sola lista francese. Il simbolo IM, l’incidenza per milione d’abitanti, e quello  PGHSI la posizione nel GHSI.

I valori di riferimento di Italia e Francia sono rispettivamente 11.4 e 9.6 per IM e 51 e 9 per PGHSI.

Il valore medio di PGHSI corrisponde al posto 88.

 

PI  IM PGHSI PIF IM PGHSI PF  IM PGHSI
Cile 126 18 Brasile 164 9 USA 200 2
Rep. Dominicana 112 53 Panama 264 60 EAU 32 45
Bosnia Erzegovina 67 36 Perù 115 37 Sud Africa 213 23
Macedonia del Nord 76 112 Serbia 51 27 Qatar 158 48
Moldavia 66 120 Bahrein 343 71 Israele 184 84
Armenia 139 26 Kuwait 168 42 Algeria 13 181
Bangladesh 19 165 Oman 312 80 Turchia 11 46
Montenegro 202 116       Madagascar 12 22
Kossovo 78 n.d.       India 3 32
Romania 35 98            
Bulgaria 31 170            

 

E difficile comprendere i criteri generali di inclusione dei singoli paesi nelle due liste, anche se ovviamente si può capire la presenza di alcuni particolari paesi come Romania o Moldavia o Repubblica Dominicana nella lista italiana e Algeria o Madagascar in quella francese. Sono però le esclusioni l’aspetto soprendente, soprattutto se fissiamo l’attenzione sulla lista italiana, in cui si nota l’assenza di Stati Uniti e Sud Africa, nonostante il livello di diffusione della malattia in tali paesi, del Qatar, i cui dati sono molto simili a quelli del Kuwait, e si potrebbe continuare con India e Israele.

Analoga considerazione si potrebbe fare sulla lista francese che non include il Bangladesh, paese di relativamente alta frequenza nei visti francesi, o il Cile, la cui situazione è simile a quella del Perù.

Inoltre se si fa riferimento a paesi che non appaiono in nessuna delle due liste, come si spiega, limitandosi a quelli con oltre 200000 casi, l’assenza di Russia, Messico, Iran, Pakistan e Arabia Saudita, i cui dati per confronto sono riportati di seguito?

Paese IM PGHSI
Russia 44 43
Messico 49 39
Iran 34 109
Pakistan 10 88
Arabia Saudita 79 71

 

Lo sviluppo della pandemia a livello mondiale, il suo riacutizzarsi non solo in Europa, ma anche in Asia rendono improbabile che misure di proibizione di voli da parte di un paese, eventualmente sotto l’impressione di un caso particolare (come fu quello del volo del Bangladesh), ma la cui rilevanza statistica è nulla, possano essere di grande efficacia.

Molto più efficaci senza dubbio i test rapidi all’arrivo (o ancor meglio alla partenza nel caso di paesi a maggior rischio), anche se richiedono un impegno non indifferente come conferma la situazione in Francia. Attualmente  a CDG si fanno 70-80 test/ora. Gli arrivi dai sedici paesi si stimano in 20000/giorno e si pensa di aumentare i test giornalieri a 6000 (CDG) e 2000 (ORY).

La globalità del problema suggerisce che, almeno a livello europeo, le misure siano le medesime. Se il sistema dovesse presentare un buco la diffusione delle conseguenze a livello continentale potrebbe essere unicamente un problema di tempo.

Tuttavia queste considerazioni che pongono in evidenza la necessità di un coordinamento europeo nelle azioni poste in essere e nelle loro modalità di esecuzione, nulla tolgono a fatti ben più significativi.

L’inevitabilità, per vari motivi tra cui primeggiano gli economici, della riapertura e il termine di alcune misure di contenimento sono stati resi possibili da un miglioramento della situazione, ma non da un superamento della stessa. Il riacutizzarsi della pandemia è sempre possibile e`di fatto si sta osservando in più di un paese. L’incidenza attuale in Iran è oltre il doppio che alla fine di aprile, e abbiamo visto come è cambiata la situazione in Spagna in un mese.

Alla radice di questi sviluppi epidemici sono in molto maggiore misura dovuti ai residenti e non ai viaggiatori in arrivo, a causa di comportamenti, la cui irrazionalità e pericolo non diminuirebbero in nessuna maniera, neanche se si chiudesse il paese. Non è casuale che su questo tema si abbia consesso in moltissimi paesi nell’appellarsi al senso di responsabilità dei cittadini.

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