Pomicino: “Meloni e Salvini? Anziché puntare al centro, hanno fatto a gara a chi fosse più di destra”

AgenPress. Intervista a Cirino Pomicino, medico, già deputato, europarlamentare e ministro del Bilancio.


Cirino Pomicino, chi ha vinto le elezioni?

Il Partito Democratico, che ha conquistato anche le grandi città prima guidate dalla sinistra grillina, ma…

Ma?

Ma più che di successo del Pd, io parlerei di sconfitta della destra. Basta vedere i valori assoluti dei voti per capire che la destra è scomparsa, almeno in questa fase.

Quali sono stati gli errori di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini?

Hanno commesso un errore gravissimo. Invece di farsi una legittima concorrenza su chi di loro fosse più vicino al centro nello schieramento politico e nell’elettorato, hanno fatto a a gara a chi era più di destra, smarrendo, quindi, i legami con l’elettorato moderato di centro, peraltro, per l’ottanta per cento almeno, favorevole ai vaccini e al green pass, mentre loro gridavano a favore della nicchia dei no vax e dei no green pass. Un errore madornale, che dimostra, purtroppo, la loro immaturità politica.

Cirino Pomicino, dopo le amministrative sta montando la voglia matta di ricostruire il centro. Sto pensando, ad esempio, a Carlo Calenda e a Clemente Mastella? Pensa che qualcuno possa davvero riuscire nell’impresa di riunire le anime sparse di un centro che è molte, troppe, cose diversissime fra loro?

Vede, bisognerebbe cominciare a usare un lessico adeguato. Il centro, la destra e la sinistra, senza aggettivazione, sono solo segnali stradali. Il centro significa popolarismo e liberalismo. Se qualcuno o più persone immaginano di poter formare un nuovo partito su queste due radici, che hanno costruito l’Italia repubblicana e l’Europa comunitaria, sarebbe un centro che ha ragion d’essere e motivi per svilupparsi. Se, invece, è solo la somma di personalità, che non si agganciano a queste due cultura di riferimento, non sarà il centro, ma solo un altro comitato elettorale a più voci. Lo abbiamo già visto con la Margherita, che è durata una stagione, prima di confluire nel Pd e scomparire. Dire, quindi, centro è solo un lessico sbagliato. Altra cosa è dire che in questo Paese c’è bisogno di rilanciare le due grandi culture che hanno costruito l’Italia della prima Repubblica. Questa è un’aspirazione legittima, che si rivolge a un elettorato moderato, di buon senso, privo di ideologia, ma con una grande visione nazionale e internazionale. Un nuovo soggetto politico, popolare e liberale, può essere di grande aiuto al Paese per farlo uscire da una stagnazione, che perdura ormai da trenta anni.

Cirino Pomicino, chi più di lei può aiutarmi a districarmi nella giungla delle prospettive future. Maggioranze politiche crescono. Non più centrodestra da una parte, Pd e Cinquestelle dall’altra. Carlo Calenda, ad esempio, propone l’alleanza del “tutti insieme appassionatamente”, da Leu alla presunta ala leghista di Giancarlo Giorgetti, purché non ci siano i grillini. Quale potrebbe essere la maggioranza più verosimile?

Vede, il sessanta per cerco circa degli elettori non è andato a votare. Questo dimostra che l’offerta politica era inadeguata, sbiadita culturalmente e legata principalmente alle persone fisiche. Così non si potrà andare avanti. Cosi l’Italia non sarà governata, se non da poteri diversi e in qualche modo impropri, che non si lasciano votare ma che, nel deserto della politica, finiranno per prendere il sopravvento. La politica non governa la società nazionale, ma la insegue, con tutti gli errori che questo modello comporta.

In questo senso anche la vittori del Pd, da cui siamo partiti, è una vittoria di Pirro?

E’ solo una partita che oggi il Pd ha vinto, ma con il venti per cento. Di che cosa stiamo, dunque, parlando? Che senso hanno le maggioranze a cui lei ha fatto cenno? In tre anni ci sono state tre maggioranze diverse: gialloverde, giallorossa e unitaria. Quindi, si può fare di tutto e di più, ma tutte le soluzioni sono inadeguate, a meno che non si trovi, nel caso specifico, un Presidente del Consiglio come Mario Draghi che, privo di qualsiasi angoscia elettorale, sa come andare avanti e come perseguire i due grandi obiettivi, per cui è stato insediato dal Presidente della Repubblica.

Draghi resterà sul ponte di comando anche dopo il 2023?

Se fosse per me, dovrebbe rimanere. Se non altro per un semplicissimo motivo. Il Parlamento ha certificato in questa legislatura che, nonostante le tre successive maggioranze, non c’era un membro del Parlamento in grado di fare il Presidente del Consiglio. Hanno chiamato due persone esterne: prima un signore, che passava per strada e di mestiere faceva il professore universitario, poi l’ex Presidente della Banca Centrale Europea. Una cosa così non è mai accaduta in nessuna democrazia del mondo.

di Antonello Sette (SprayNews.it)

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