Rapporto Mediacom043 sul costo della pandemia in termini di perdita di occupati

AgenPress. La pandemia è già costata, nei primi 9 mesi del 2020, al perdita di 465mila occupati. Ma è solo la punta dell’iceberg, se si considera che è in atto il blocco dei licenziamenti – con il contemporaneo esplodere dei numeri della Cassa integrazione – e anche che un certo numero di lavoratori autonomi resta attivo solo formalmente, cercando di ottenere le provvidenze pubbliche ma sa che sarà costretto a cessare l’attività.

I cali maggiori del numero degli occupati in Calabria, Sardegna, Campania, Lazio e Valle d’Aosta.

Si allarga il gap occupazionale di genere. La percentuale del calo dell’occupazione femminile è esattamente il doppio di quella maschile. I divari più ampi tra la flessione degli occupati e quella delle occupate (in altre parole la penalizzazione delle donne) si registrano in Campania, Sicilia, Abruzzo e Toscana. Ci sono però regioni (Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Umbria e Molise) dove, invece, l’occupazione maschile cala più di quella femminile, con il Molise che evidenzia un gap a sfavore degli uomini di ben 6,2 punti percentuali.

Lavoro dipendente e autonomo: il secondo registra una flessione percentuale quasi doppia rispetto al primo. I ristori del Governo non hanno impedito la chiusura delle attività di 162mila lavoratori autonomi. Le cadute più forti in Valle d’Aosta, Calabria, Veneto, Marche e Piemonte, mentre in Sardegna gli occupati indipendenti crescono del 10,8%, ma il dato fa da contraltare alla moria dei dipendenti (-8,7%).

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