Saman Habbas fu uccisa e fatta a pezzi, nel rispetto dei “dettami della tradizione”

AgenPress –  Il pomeriggio del 30 aprile nella casa degli Abbas a Novellara ci sarebbe stata una riunione a cui avrebbe partecipato lo zio Danish Hasnain e un altro parente in cui si sarebbe parlato delle modalità con cui far sparire il cadavere di Saman, smembrandolo. E’ emerso dall’incidente probatorio del fratello minorenne della 18enne, sparita proprio da quella sera, citato dall’ordinanza del tribunale del Riesame di Bologna. Riferendosi a un partecipante alla riunione, il fratello racconta: “Ha detto: io faccio piccoli pezzi e se volete porto anch’io a Guastalla, buttiamo là, perché così non va bene”.

Il movente dell’omicidio “affonda in una temibile sinergia tra i precetti religiosi e i dettami della tradizione locali (che arrivano a vincolare i membri del clan ad una rozza, cieca e assolutamente acritica osservanza pure della direttiva del femminicidio)”,  si legge nell’ordinanza del tribunale del Riesame che ha confermato il carcere per il cugino Ikram Ijaz, unico indagato arrestato tra i cinque indagati per l’omicidio della pakistana, partecipò alla fase preparatoria del delitto, scavando la buca il 29 aprile. Poi la notte tra il 30 e il primo maggio arrivò a casa degli Abbas al seguito dell’autore dell’omicidio, Danish Hasnain, con l’altro cugino Nomanhulaq Nomanhulaq che, come lui, aveva partecipato alla fase preparatoria. Per questo, secondo il tribunale del Riesame che ha respinto il suo ricorso, “l’ipotesi più probabile e qualificata è che” i due cugini “abbiano anche partecipato alla materiale esecuzione dell’omicidio”, dando man forte a Danish Hasnain.

Dalle dichiarazioni fatte da  Ikram Ijaz, “non è emerso il benché minimo senso di commozione per la terribile sorte della povera giovane che pure è una sua parente, il benché minimo rimprovero per chi un tale gesto” ha compiuto, né il minimo dubbio “sulla correttezza etica di quei dettami della tradizione in ossequio ai quali l’omicidio è stato commesso”.

Per i giudici del Riesame, che hanno confermato l’ordinanza del Gip, il pachistano 29enne ha fatto propri “i motivi a delinquere del coindagato in ipotesi più pericoloso e temibile”, cioè lo zio di Saman, Danish Hasnain.

“Si è dunque al cospetto di una vicenda rivelatrice di totale caduta delle basilari spinte criminorepellenti”. Lungi dall’aver agito sotto l’impulso di un movente difficilmente riproducibile, Ikram Ijaz “si è posto freddamente e fedelmente al servizio di un feroce assassino mosso dalla tradizione culturale e religiosa che lui stesso condivide”.

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