Tre reinfezioni alle Hawaii e pochi casi avversi in Europa non devono minare la fiducia nei vaccini e giustificare irrazionali risposte emotive

AgenPress. Poche ore fa (22 di sabato in Italia) le edizioni on line del Hawaii Tribune Herald e del West HawaiiToday hanno diffuso la notizia che il Dipartimento di Stato della Salute ha annunciato 3 casi di reinfezione in persone già vaccinate con entrambe le dosi, chiarendo per altro che il portavoce del Dipartimento, Brooks Baer considerava l’evento normale, essendo quasi 165.000 le persone vaccinate completamente in quello Stato. Un dettaglio della notizia andrebbe verificato, in quanto la nostra lettura del rapporto settimanale del Dipartimento della Salute di venerdì ci farebbe ritenere che il parlare di tre casi derivi da una lettura affrettata dello stesso, mentre in realtà il caso sarebbe uno solo.

L’evento non è nuovo, ma dato che i casi che menziona la notizia sono tre e non uno sporadico, è facile immaginare che tra qualche ora la notizia sarà registrata da qualche giornale o agenzia di diffusione internazionale, essendo già stata rilanciata da etnturbonews, un’agenzia con cui a volte ho collaborato, che ha un’ampia diffusione mondiale, sia pure principalmente nell’ambito turistico.

Il giudizio non preoccupato sull’evento del Dipartimento di Salute dello Stato di Hawaii non è molto diverso dalle dichiarazioni rassicuranti dell’Agenzia Europea delle Medicine, dell’Organizzazione Mondiale della Salute, e di varie agenzie nazionali, che hanno sottolineato la mancanza di relazione causa-effetto tra le vaccinazioni e alcuni eventi avversi che hanno recentemente condotto vari paesi europei a sospendere il somministro dei vaccini Oxford-AstraZeneca.

Altri paesi, come misura precauzionale, hanno  bloccato solamente l’utilizzo di alcuni lotti AstraZeneca, nel caso italiano l’ormai famoso ABV2856, contenente, secondo l’informazione dell’Agenzia del Farmaco, 560000 dosi, di cui poco meno della metà destinate all’Italia, e in Austria l’ABV5300, contenente un milione di dosi. Analoghe decisioni sono state prese anche da alcuni paesi che non hanno ricevuto vaccini di questi lotti.

In entrambi i casi, il carattere della misura è precauzionale e temporaneo, e soggetto a riconsiderazione quando saranno chiariti i casi che lo hanno motivato, alcuni decessi, come quello di un poliziotto e un militare italiano e di un’infermiera austriaca, e alcuni casi di trombosi.

Tali decisioni, in linea di principio non dovrebbero modificare necessariamente i piani di vaccinazione, in quanto tutti questi paesi hanno ricevuto anche i vaccini Pfizer e Moderna e quindi la misura presa dai vari governi può essere considerata ragionevole.

Tuttavia non può essere ignorata una possibile reazione negativa alla diffusione di queste notizie che pare si stia già manifestando, l’annullamento di prenotazioni di vaccinazioni, problema che può essere particularmente rilevante in quei paesi di risorse limítate, in gran parte africani e latinoamericani, che, per quanto riguarda i vaccini occidentali, dipendono fortemente dai vaccini AstraZeneca attraverso il programma COVAX. Questa osservazione, dovrebbe fornire un motivo di riflessione al presidente Biden che di recente ha respinto l’ipotesi di inviare a tali paesi, almeno nel primo semestre del’anno, parte del surplus acquistato.

La reazione individuale di recedere dalla prenotazione e posticipare o rinunciare alla vaccinazione è molto meno ragionevole e difendibile di quella dei governi, sebbene questi avrebbero probabilmente potuto mettere in conto la possibilità di una riduzione delle vaccinazioni, con inevitabili conseguenze negative.

Queste reazioni individuali si possono ricondurre alla diffusione di un’altra epidemia, quella dell’ignoranza scientifica, che, sola, può spiegare la pretesa che un vaccino contro un particolare virus sia anche un elisir di lunga vita, e riduca altri disturbi, senza comprendere i termini della valutazione rischio-beneficio di una vaccinazione.

Un ulteriore elemento di confusione nel caso italiano proviene dalla diffusione delle competenze, oggettiva, ma anche suscettibile di interpretazioni estensive. Il caso di questa mattina della sospensione da parte della Regione Piemonte, prima della campagna di vaccinazione e poi dell’utilizzo del lotto ABV5811, è emblematico. A questa decisione hanno fatto seguito la dichiarazione política del ministro Speranza di fiducia nella sorveglianza dell’AIMA e dell’EFA e il richiamo alla cautela, prima di prendere questo genere di decisioni e senza cedere a reazioni emotive, del presidente dell’AIFA, ma indubbiamente essa riflette l’esistenza di un problema che non è solamente europeo e italiano. Il caso delle Hawaii è stato così commentato dalla direttrice del Dipartimento della Salute, Elizabeth Char: “La questione realmente importante è che la vaccinazione ci protegge da una malattia grave, ricovero e morte. Questo è quanto realmente fanno per noi I vaccini” e in effetti il caso osservato e quello di un suo compagno di viaggio agli Stati Uniti continentali sono asintomatici e sono stati rilevati solamente per le norme di controllo dei viaggiatori in arrivo.

Anche se non è facilmente disponible un dato preciso di quante vaccinazioni siano state eseguite con il vaccino AstraZeneca, è possibile effettuare delle stime che permettano di quantificare i rischi di morte e trombosi, indicati dai casi avversi che si sono presentati.

Nel caso della Danimarca il dato è noto. Al momento della sospensione dei vaccini AstraZeneca ne erano state somministrate circa 150000 dosi. Nel caso della Gran Bretagna, il dato emerge indirettamente, dall’informazione che si sono registrati 275 decessi di persone vaccinate degli 11 milioni che avevano ricevuto quel vaccino. Riguardo questo dato deve precisarsi che non è stata rilevata alcuna relazione di causa ed effetto tra la vaccinazione e il decesso.

Le consegne in Europa sono state poco meno di 12 milioni, prodotte in vari paesi europei. A queste dosi si devono aggiungere le dosi prodotte in una decina di altri paesi, tra cui il produttore principale è l’India, che produce il Covishield, che è stato inviato a vari paesi asiatici, africani e dell’America Latina. Qualche giorno fa, il totale delle dosi inviate dall’India era di 66 milioni. Questa quantità dovrebbe includere anche invii dell’altro vaccino prodotto in India, il Covaxin, ma i dati sulla produzione di Covishield (60 milioni di dosi al mese) e il fatto che poco più di un mese fa ancora non fossero iniziate le spedizioni di Covaxin, paiono suggerire che il Covishield dovrebbe costituire la parte maggiore dei 66 milioni inviati dall’India.

Indipendentemente dalla conferma attraverso gli accertamenti in corso che le dichiarazioni di non correlazione tra vaccinazioni e decessi o disturbi tromboembolici, i dati menzionati mostrano a chiunque abbia una minima alfabetizzazione scientifica che non può essere posta in dubbio la convenienza di vaccinarsi per ridurre il rischio di morire di Covid.

Nel 2019, sia in Gran Bretagna che in Danimarca si ebbe una letalità dell’ordine dell’1%. Questo significa, considerando il caso della Gran Bretagna, che ci si dovrebbe aspettare statisticamente che degli 11 milioni di vaccinati, nel corso del 2021 dovrebbero morirne 110.000, trecento al giorno, e i 275 decessi si riferiscono a un periodo di vaccinazione di più di due mesi.

Quand’anche si supponga che il vaccino possa causare il decesso di qualche decina di persone su qualche decina di milioni di vaccinati, cioè 1 su 1000000, dato che non troverebbe per altro alcun supporto nella realtà osservata poiché i casi di morte di cui si parla sono solamente poche unità, il rischio di morte stimato, inferiore a 1 su dieci milioni, dovrebbe essere confrontato con quello di morte per COVID-19.

In Italia, l’incidenza del COVID-19 accumulata durante le ultime due settimane è stata del 4 per mille con una letalità in rapporto ai casi attivi dell’1%. Quindi nelle sole ultime due settimane la probabilità, calcolata ex-post, che un cittadino italiano morisse di COVID-19 è stata del 2.5 su un milione, almeno 25 volte maggiore di quella di morire per un evento avverso nella vaccinazione.

In assenza di vaccinazioni, e guardando al futuro, non è, però, il dato delle ultime due settimane quello che dobbiamo considerare, ma l’accumulato nel periodo cui vogliamo riferirci. Limitandoci al 2021, il rischio di morire per COVID-19 diventerebbe circa mille volte maggiore che quello di morire per la vaccinazione.

Naturalmente, una persona singola potrebbe scommettere sulle vaccinazioni altrui. Se infatti tutti meno uno si vaccinassero, quell’uno avrebbe il vantaggio indiretto delle vaccinazioni altrui, senza correre quel rischio di 1 su un milione. Un’altra scommessa che qualcuno potrebbe pensare di fare è sulle differenti probabilità di decesso per COVID-19, secondo l’età e le condizioni di salute. Tuttavia, neanche tali differenze sono sufficienti a renderla una scommessa conveniente, tacendo le ragioni sociali che comunque la renderebbero non etica.

Considerazioni analoghe valgono per i disturbi tromboembolici. Questi disturbi (non le morti) si sono manifestati con una incidenza di 6 su 1 milione. Una rapida ricerca sul web mostra che nel 2014 le morti in Europa per questa causa sono state 740 su 1 milione.

In conclusione, se si considerano i rischi che può comportare il vaccinarsi, e la percentuale di inefficacia del vaccino, che il caso hawaiiano conferma essere molto probabilmente minore di quanto emerso nel corso dei test previ alla sua approvazione, il vaccinarsi è utile al singolo e necessario per sconfiggere la pandemia.

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