Infermiere di famiglia, il piano decolla per ora solo in Friuli

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Cosa fanno le altre 19 Regioni? I tempi di scadenza della Missione 6 del Pnrr si avvicinano inesorabilmente e senza infermieri di famiglia saremmo di fronte all’ennesimo castello di sabbia


AgenPress. «Ci giunge notizia, in queste ore, che, la Regione Friuli Venezia Giulia, una delle realtà territoriali dove la carenza di personale, in questi anni, a partire dalla pandemia, ha maggiormente pesato sul delicato equilibrio del sistema sanitario pubblico locale, con una voragine di 8mila infermieri presente già prima dell’emergenza Covid-19, si è letteralmente rimboccata le maniche e ha messo in piedi il tanto atteso piano operativo dell’infermiere di famiglia/comunità.

Abbiamo conferma del chiaro impegno della Regione nel voler ricostruire la sanità territoriale nell’ambito del DM/77, che evidenzia, diremmo finalmente, leggiamo testualmente, come “l’infermiere sarà il punto di riferimento per la comunità sull’assistenza infermieristica generale, presente in modo connettivale nei diversi setting territoriali”.

E ancora, “non sarà solo un infermiere che eroga prestazioni ma si renderà “attivatore” di vicinato”, adoperandosi “per promuovere interventi di promozione e educazione alla salute per innescare e sviluppare stili di vita sani”.

Numeri alla mano, in Friuli, quindi è stato avviato un percorso che porterà, entro il 2025, a rendere attivi sul territorio 400 infermieri di famiglia e comunità.

Va anche riconosciuto il merito, alla Regione Friuli, nonostante le palesi carenze strutturali, non certo gravi, parliamoci chiaro, come quelle delle vicine Lombardia, Veneto e Piemonte, di essersi sempre attivata per sanare determinate lacune e, ancora numeri alla mano, attraverso il confronto diretto quotidiano con i nostri referenti locali, non possiamo che attribuirle il meritato ruolo di Regione virtuosa, dal momento che, prendendo in esame la dotazione organica del personale infermieristico del SSR negli ultimi 6 anni, nel Friuli Venezia Giulia si evidenzia anche come sia stato fatto ogni sforzo per aumentare il numero di professionisti.

Si è passati, difatti, da 7.352 infermieri del 2017 ai 7.808 registrati a giugno 2022, cifre che parlano chiaro».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«L’elogio alla Regione Friuli e al suo Governatore, nonché al vicepresidente con delega alla salute, Riccardo Riccardi, ci pare doveroso, ma ci riporta, nel contempo, all’amara e triste realtà di altri territori, dove invece il piano operativo tanto decantato dell’infermiere di famiglia non è di fatto mai decollato.

Non dimentichiamoci quanto tempo è trascorso da quella famosa legge sull’infermiere di famiglia che avrebbe dovuto inserire, e solo inizialmente, ben 9600 unità in tutta Italia, e ad oggi ci pare chiaro che non sono stati raggiunti neanche metà di questi numeri.

Non vorremmo, nel caso del Friuli Venezia Giulia, essere di fronte all’ennesimo sassolino gettato nell’oceano.

Ci spingono a doverose riflessioni, i contenuti del cosiddetto “DM 71”, ovvero il provvedimento, approvato e varato come DPCM lo scorso 21 aprile, che indica i profili chiave dell’assistenza territoriale dell’immediato futuro. Siamo di fronte ‘alla colonna portante’, alle fondamenta di un edificio altissimo ancora tutto da costruire, ma questa è ancora una fase cruciale, ed occorre porre le basi per evitare che il palazzo crolli al primo soffio di vento.

Lo avrete capito bene, ci riferiamo alla Missione 6 del Pnrr, quella che riguarda appunto il rapporto strettissimo e delicato tra gli operatori sanitari e la collettività. Non possiamo certo far finta di non comprendere che siamo di fronte ad una occasione da non perdere, lo diciamo da mesi, dal momento che le risorse a disposizione sono davvero ingenti e superano, nella totalità della sola missione 6, i 15 milioni di euro (oltre 7 sono solo i miliardi a disposizione per gli obiettivi da raggiungere entro il 2026 nei punti che riguardano la ricostruzione totale della sanità territoriale).

Non possiamo essere pienamente soddisfatti – dice ancora Antonio De Palma, di fronte a contenuti che a nostro avviso, ancora stentano a cogliere quelle solide premesse con cui questa Missione 6 era stata presentata.

E ci riferiamo naturalmente, per ciò che ci riguarda direttamente come sindacato delle professioni sanitarie, al ruolo chiave degli infermieri di famiglia che a nostro avviso, almeno a giudicare dai contenuti di questo DPCM, stenta davvero ad esplodere in positivo, come tutti ci eravamo augurati.

Dove sono le indispensabili assunzioni?

Non dimentichiamo, infatti, che tra Ospedali di Comunità e Case di Comunità saremo di fronte, entro il 2026, tempo di scadenza per l’inizio della messa in atto della Missione 6, a un nuovo fabbisogno di oltre 30mila infermieri. (30.485 unità), una per tutte si prenda in considerazione l’accurata indagine del 2021 di Luoghidicura.it

E stiamo parlando degli infermieri di famiglia, che dovranno avere un ruolo chiave anche nell’ambito dell’organizzazione degli stessi Ospedali di Comunità.

Ci rivolgiamo alla nuova squadra di Governo che in questi giorni va formandosi, ed in particolare a colui che sarà chiamato ad assumere l’incarico di nuovo Ministro della Salute.

Non è assolutamente immaginabile, alla luce del fiume di denaro a disposizione del Pnrr (ricordiamo che sono soldi dell’Europa concessi a tranche, seguendo rigorosamente il progresso dei progetti in corso), che si possa ancora una volta compiere l’ennesimo salto nel vuoto.

Non è possibile che le fin troppo impellenti necessità di una sanità territoriale da ricostruire da zero, quelle dettate proprio dai contenuti e dalle direttive della Missione 6, non abbiamo quella priorità che meritano, con il serio rischio di un misero fallimento».».

 

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