Agenpress – Matteo Salvini “si è fatto fagocitare dal rito romano. Ha concesso sette giorni e sette notti a Giuseppe Conte, ma in politica in una settimana può succedere di tutto”.
Lo afferma l’ex ministro ed ex segretario della Lega, Roberto Maroni, in un colloquio con il Fatto Quotidiano.
Una volta annunciata la sfiducia al premier, secondo Maroni, Salvini “avrebbe dovuto ritirare la delegazione dei ministri, così da obbligare il presidente del Consiglio a presentarsi subito dimissionario al Quirinale”.
Invece “ha voluto attendere la famosa seduta in Senato del 20 agosto, dando tempo al sistema di riorganizzarsi et voilà: un’altra maggioranza si era già formata. Ha cincischiato, temporeggiato, si è mosso lentamente e senza un piano B, fidandosi di Zingaretti e di chissà chi altri, ma in politica la situazione è cangiante per definizione. Mi ha ricordato il Bersani post voto del 2013. È stato indeciso pure sul commissario europeo: avrebbe dovuto scegliere subito, magari Luca Zaia”.
Dopo il successo alle Europee “avevo consigliato a Salvini di andare all’incasso con un rimpasto di governo per prendersi Economia e Infrastrutture, per poi votare nella primavera del 2020 dopo aver portato a casa autonomia e taglio dei parlamentari. Avrebbe vinto sul velluto”.
E invece, “non si andrà a votare prima dell’elezione del capo dello Stato”. Se poi nei prossimi mesi l’esecutivo “imbrocca due o tre cose, a partire da una gestione meno emergenziale del fenomeno migratorio, il consenso della Lega potrebbe iniziare a erodersi”.