Anche Porsche imbocca la strada del cambiamento: “Far diventare valore quello che stiamo sperimentando in questi giorni”, dichiara Josef Nierling, CEO, Porsche Consulting
Agenpress – La digitalizzazione e lo smart working stanno entrando sempre di più nelle abitudini delle aziende italiane, modificando e ottimizzando il loro approccio al lavoro. Un cambiamento inevitabile visto il periodo di emergenza che il nostro Paese sta vivendo e continuerà a vivere. L’altro concetto-chiave è quello di mobilità sostenibile che sarà centrale nella Fase due che dovrebbe partire il prossimo 4 maggio. Più piste ciclabili ed e-bike, potenziamento dei trasporti sotto il segno del “green” per favorire il distanziamento sociale che resta l’arma vincente nella lotta al virus.
L’intensità e l’incertezza di queste settimane ci pone continuamente davanti ad aspettative disattese. Il “cigno nero” Coronavirus può mandare in profonda crisi il nostro business ma può anche riorientare i nostri driver di creazione del valore.
Questa pandemia – dall’impatto esponenziale – ci pone davanti alla necessità di mettere in campo risorse e soluzioni che non pensavamo di avere stimolando il nostro spirito d’imprenditorialità.
“L’esperienza dello smart working che stiamo seguendo in questo periodo, ci permette di rinnovare il lavoro all’interno della nostra azienda. Noi, come società di consulenza ad esempio, abbiamo disegnato per una grande azienda italiana il layout di un nuovo stabilimento. Un lavoro svolto interamente in maniera virtuale, in remoto e utilizzando tecnologie 3d. Vi chiederete se queste tecniche ci fossero anche prima dell’emergenza Covid-19. La risposta è sì, ma le utilizzavamo in maniera parziale, in realtà non con tutta la potenza che oggi siamo quasi stati costretti ad adottare. Ecco, è molto bello poter far diventare valore quello che stiamo sperimentando in questi giorni, non perderlo nonostante la voglia di tutti di tornare alla vecchia normalità”, dichiara Josef Nierling, CEO, Porsche Consulting durante il webinar organizzato da Ruling Companies.
Coronavirus e smart working, è infatti diventato un binomio ormai imprescindibile per i lavoratori che, a seguito della pandemia, in molti casi si sono visti costretti a “sperimentare” la validità organizzativa di questo strumento. Una necessitàche potrebbe trasformarsi in un’opportunità. La tecnologia ci permette di rivoluzionare radicalmente l’organizzazione delle aziende. Quasi sempre aumentando produttività ed efficienza organizzativa e riducendo i costi.
“Lo smart working è una modalità di lavoro che permette di svolgere la propria attività in remoto. In Italia, secondo l’Osservatorio della School of management del Politecnico di Milano nel 2019 ne hanno fruito 570mila lavoratori, con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente”, ricorda Antonio Ambrosetti, AD Ruling Companies. “L’emergenza che sta paralizzando l’Italia ha totalmente stravolto le nostre abitudini, dalle semplici azione quotidiane alla nostra giornata lavorativa. Una possibilità che, anche se legata a un periodo critico, può trasformarsi in un’opportunità per il mercato del lavoro. A mio giudizio anche una volta terminata la fase critica lo smart working continuerà”, conclude Ambrosetti.
Tale opportunità ha dimostrato di avere un impatto sia sui costi aziendali (pensiamo ad esempio a metratura degli uffici e bollette) sia sulla produttività. Guardando la cosa dal punto di vista dei lavoratori, il lavoro agile apre la strada a una migliore conciliazione con la vita privata, senza dimenticare il rischio di non coltivare i rapporti face-to-face.
Ma, una volta terminata l’emergenza, cosa ne sarà dello smart working? Si continuerà a vederlo come un’opportunità da sfruttare? Si potrà pensare a un cambiamento nel mondo del lavoro? Ovviamente, un cambiamento di questo tipo deve però essere sempre supportati da una buona organizzazione e soprattutto dagli strumenti giusti.
“Con smart working si intende una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orariedegli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Lo smart working, ante Coronavirus, era già un fenomeno in crescita- sostiene Mariano Corso, Docente e Responsabile Scientifico degli Osservatori Smart Working e Cloud Transformation, Politecnico di Milano– Con il mio Osservatorio, a fine 2019, abbiano notato che 2 grandi imprese su 3 stavano per introdurre dei modelli di smart working. Nelle piccole e medie imprese si arrivava a poco più del 30%. Mentre, nella Pubblica Amministrazione c’è stata una vera e propria alleanza nel ricorrere allo smart working come strumento di modernizzazione. Nell’ultimo anno c’è stato un raddoppio, dall’8% al 16%, del numero di amministrazioni che hanno introdotto iniziative strutturate. Sempre nel periodo ante Coronavirus in Italia si contavano circa 600.000 smartworker, in crescita di un buon 20% rispetto all’anno precedente. Ci sono dei limiti organizzativi e psicologici in questa situazione forzata e dobbiamo riscoprire l’importanza del cambiamento culturale nei modelli di leadership di smart working per rendere sostenibile la situazione in cui siamo e anche creare le premesse per una nuova e più efficace normalità”, conclude Corso.
“Lo smart working è un qualcosa che vivremo anche nei prossimi mesi e dobbiamo utilizzare questo periodo come una grande lezione sul lavoro e digital transformation”, consiglia Alessandro Rimassa, Future of work and digital transformation expert – Membro del Consiglio di Amministrazione, Save The Children Italia, Scuola Zoo e i40Saas.