Agenpress – “E’ chiaro che ciò che è avvenuto lascia sgomenti. Sul piano umano mi fa una rabbia incredibile. Ho saputo che sono usciti anche boss che avevo fatto arrestare io tanti anni fa, che hanno fatto cose terribili, come uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo. La pandemia ha reso evidenti le lacune del nostro sistema penitenziario, di cui non si parla mai. Il problema carceri viene affrontato in questo Paese sempre con superficialità. Sono contento che il governo sia corso ai ripari, ma si continuano a mettere toppe su un vestito che ormai è stracciato”.
Così il magistrato Alfonso Sabella intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus sulla scarcerazione di mafiosi.
Noi abbiamo una popolazione carceraria normalmente fatta da persone ammalate, anziane, con problemi di tossicodipendenza. Sul rapporto carcere-diffusione del contagio però qualche dubbio ce l’ho, perchè nel carcere le possibilità di introduzione del virus dovrebbero essere ridottissime. Il problema è che noi non abbiamo strutture e modelli organizzativi sufficienti. Noi non abbiamo mai avuto un modello che metta al centro l’essere umano. Tutti gli esseri umani nascono con gli stessi diritti e anche il boss mafioso ha il diritto alla salute e noi dobbiamo tutelarlo, è inevitabile. Ora il nuovo provvedimento dovrebbe riportarli in carcere. Il Dap, d’intesa con la sanità regionale, dovrà valutare se adesso nelle strutture sanitarie penitenziarie e pubbliche ci sia posto e quindi quei detenuti possano essere curati in carcere. Il Dap ora dovrà individuare quelle strutture che non si è riusciti ad individuare prima”.
Sulla vicenda Bonafede-Di Matteo. “Una tempesta in un bicchiere d’acqua. Si tratta semplicemente di un difetto di comunicazione tra Di Matteo e Bonafede, che ha offerto un posto a Di Matteo ancora prima che fosse sicuro di farlo. Che abbia cambiato idea per pressioni mafiose è da escludere categoricamente”.