Agenpress – La mafia palermitana ha comprato dallo Stato tre concessioni per il gioco e le scommesse, altre due le ha acquisite da aziende del settore. Un volume d’affari di 100 milioni di euro attraverso le agenzie dislocate fra Sicilia e Campania, un fiume di soldi che finanzia i clan.
La Guardia di Finanza ha arrestato otto persone e notificato il divieto di dimora nel comune di Palermo ad altre due accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori aggravato dal favoreggiamento mafioso.
Sequestrate cinque società che hanno gestito le concessioni: la “Bet for Bet srl” di Palermo (concessione dell’Agenzia Monopoli del 2007), la “Tierre games srl” di Roma (concessione del 2014), la “Gierre games srl” di Bellizzi, provincia Salerno (nel 2015 ha inglobato un’altra società già vincitrice di un bando), la “Gaming managment group srl” di Milano (concessione del 2018), la “Lasa giochi srl” di Palermo (nel 2017 acquisita da Rubino, aveva già una concessione).
L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo guidata dal procuratore Francesco Lo Voi, ha svelato gli interessi dei clan nel settore dei giochi e delle scommesse sportive ed ha svelato le complicità di alcuni imprenditori che avrebbero riciclato il denaro sporco per conto dei boss. Sequestrate attività economiche e beni per oltre 40 milioni. .
Personaggi chiave dell’inchiesta sono l’imprenditore Francesco Paolo Maniscalco, in passato condannato per mafia ed esponente della “famiglia” di Palermo Centro, e Salvatore Rubino che per conto dei clan avrebbe riciclato il denaro.
Gli inquirenti hanno ricostruito il modo in cui le cosche si infiltravano nell’economia “legale” controllando imprese, gestite occultamente da loro uomini di fiducia. Come Vincenzo Fiore e Christian Tortora che, partecipando a bandi pubblici, avevano ottenuto le concessioni statali rilasciate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la raccolta di giochi e scommesse sportive.
L’indagine condotta dal sostituto procuratore Dario Scaletta e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca ha fatto scattare dieci ordinanze di custodia cautelare. “Abbiamo seguito i soldi, secondo il metodo che ha insegnato il giudice Giovanni Falcone, e siamo arrivati a una rete di affari”, spiega il colonello Gianluca Angelini, il comandante del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo. Il fiume di soldi era gestito anche da altri due insospettabili imprenditori: Vincenzo Fiore, di Palermo, e Christian Tortora, di Battipaglia (Salerno). In manette pure un boss rampante del clan di Pagliarelli, Salvatore Sorrentino. Ai domiciliari, Giuseppe Rubino (il padre di Salvatore), Antonino Maniscalco e Girolamo Di Marzo.