AgenPress. Massimo Clementi (Direttore Laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffele di Milano):
“«La crisi pandemica inizialmente ci ha trovato impreparati nella gestione del rischio. I protocolli e il rispetto delle regole hanno permesso di contenere la pandemia.
E’ difficile prevedere quanti vaccini arriveranno. C’è la possibilità che il virus influenzale circoli meno anche per le misure preventive. Gli over 60 dovrebbero vaccinarsi.
Per quanto riguarda la diffusione del contagio. fino al 15 luglio avevamo una situazione ideale, pochi positivi, cariche virali molto basse, ci si infettava da altri con cariche virali basse. Poi assembramenti e allentamenti hanno cambiato la situazione.
Zone diverse del mondo riceveranno un vaccino diverso. Non c’è un altro vaccino con questa tecnologia, quindi ci si domanda quali possano essere gli effetti e di quale natura.
Ci vuole un’idea di come organizzare la ricerca prima di investirci economicamente.»”
Pasquale Frega (Vice Presidente di Farmindustria):
“«Il Covid, a mio avviso, rappresenta ciò che l’11 settembre ha rappresentato per la lotta al terrorismo. Quella crisi è stata superata con l’intervento di Stato, industria e cittadini. Per superare il Covid serve lo stesso approccio: lo Stato deve cambiare le regole di come si fa impresa in questo paese.
Nonostante la qualità fantastica di ricerca e ricercatori presente in Italia, esistono ancora vincoli burocratici e campanilistici. Davanti a una grande opportunità ci creiamo vincoli che non parlano con le qualità e le logiche né della ricerca né di quello che il Paese può offrire.
Lo scenario del nuovo inizio? La ricerca può fare un balzo in avanti significativo, anche per l’impatto economico che può rappresentare nel Paese. A breve avremo l’opportunità del Mes, che mi auguro venga colta e che può rafforzare il servizio sanitario nazionale. Ma serve la capacità di essere anche attrattivi, sul fronte della ricerca: dobbiamo cambiare la mentalità che c’è oggi nei confronti dell’industria.
Una notizia fresca di stamane riguarda proprio il pay back. Ecco, questo emendamento è stato però bocciato nel corso della nottata: esistono ancora dei pregiudizi.
«Il vaccino o un farmaco non sono qualcosa che fai in 48 ore. Le linee di produzione sono molto complesse. Quindi cosa sta accadendo in questa fase? L’industria si è premunita ed è partita fin dalla primavera nell’aumentare la produzione, ma ora la richiesta a livello mondiale è superiore del 60/70 % rispetto a quanto è stato prodotto nel 2019. Soddisfare questa richiesta è impossibile; stiamo facendo gli straordinari. Il sistema produttivo italiano è in prima linea sulla produzione dei vaccini, ma si tratta di 6 o 8 milioni di dosi in più rispetto a quelle dello scorso anno. Non è una questione di volontà: la nostra missione ce l’abbiamo molto chiara e la portiamo avanti. Ma chi si pone queste domande forse non ha molto chiaro cosa significhi produrre un farmaco o un vaccino.
Una cosa certa è che il vaccino arriverà. Il tempo medio per un vaccino storicamente è di 5 anni, qui siamo ben oltre l’accelerazione. Il vaccino non è un farmaco, va dato anche a chi è potenzialmente sano, quindi non si può accettare il rischio degli effetti collaterali. La Russia se ne è fregata. Nessuno può dire se il vaccino funziona finché i risultati non sono analizzati».
Stefano Donnarumma (Ad Terna):
“Serve innalzare il fotovoltaico al 35% per raggiungere l’obiettivo della riduzione del 2030, ma abbiamo richieste solo per il 6%. Al momento c’è grandissima collaborazione con Ministeri, Autorità per rafforzare e “sbottigliare” la rete nelle dorsali sud-nord e agganciare territori di grande interesse anche per la produzione delle rinnovabili.
Per questo il piano industriale di quest’anno di Terna è di 7 miliardi che mi auguro di incrementare il prossimo anno. Il New Deal prevede mille miliardi in 10 anni così ripartiti: 15% idrogeno, 10% sulle reti. Noi di Terna pensiamo a 14-15 miliardi per il potenziamento sulle reti.
Abilitare il sistema rinnovabile in molte aree del Paese significa anche parlare di stoccaggi e per questo abbiamo un tavolo permanente SNAM-TERNA; ma dobbiamo guardare al centro sud Italia anche con il sistema delle agevolazioni per i pompaggi blu elettrici.
Tempistiche troppo lunghe: un elettodotto ha bisogno di 10 anni; 3 anni di operatività, mentre 7 si perdono in progettazione/autorizzazione… con la progettazione che per aziende grosse con know how forte è veloce, quindi è nel sistema autorizzativo che bisogna intervenire, magari con leggi speciali, leggi obiettivo, come per esempio nel terremoto dell’Irpinia. Va adottato il principio dell’emergenza, il Covid ci ha posto un ulteriore elemento di semplificazione da adottare, come il Decreto semplificazione che sulla parte ambientale è molto spinto.
Infine va spinta anche la comunicazione sulla centralità dell’atteggiamento del singolo citazione fin nella dotazione domestica, nell’utilizzo del digitale e della IA. Cruciale per saper gestire il grande flusso di informazioni di questa transizione, per cui sarà necessaria la banda larga sia essa fibra o 5g. Il singolo, le aziende produttrici con il loro know how e le istituzioni ognuna nel loro ruolo deve comporre una nuova Comunità energetica.”
Marco Alverà (Ad Snam):
” Il grosso vantaggio dell’idrogeno è la possibilità di partire da una infrastruttura esistente in Italia con una quota di mercato a tendere nel medio periodo del 15% e del 25% nel lungo. Siamo interconnessi con il Nord Africa, mentre abbiamo un Sud Italia con rinnovabili a buon mercato e dobbiamo pensare a capitalizzare questo vantaggio esportando idrogeno e rinnovabili verso altri paesi come Germania, che va ancora a carbone e non ha il solare, oltre ad una distanza maggior con il Nord Africa. Un vantaggio ulteriore è che l’Idrogeno è una grande batteria che permette di stoccare e se continuiamo a unire le competenze e fare sistema, andiamo incontro ad un futuro dotato di una soluzione finale e definitiva che porta il sole nelle nostre case e aziende e non avremo più rischi energetici. Abbiamo difronte 18-24 mesi per disegnare le regole, questo è la responsabilità politica maggiore, per capitalizzare il vantaggio del nostro esperimento di miscelazione. I soldi veri verranno spesi nel 2025, prima però è necessario continuare la fase di R&D in corso per questo i 6 miliardi e mezzo messi a budget nel piano dello scorso anno saranno aumentati nel prossimo novembre per il 2021. Ad oggi l’infrastruttura è già pronta a trasferire il 100 % di idrogeno, bisogna però intervenire nell’indotto e oggi stiamo già lavorando per questo con TERNA.
L’Idrogeno costava 60 volte in più del petrolio nel 2002. Italia, Germania e Spagna sfruttando sussidi generosissimi, che oggi gravano sulle bollette dei consumatori, hanno creato un effetto tale, con il sistema delle nuove celle, capace di abbattere ad 11 euro l’ultima asta, quindi due volte il prezzo del petrolio.
L’obiettivo della COP 26 a guida angloitaliana di portare l’ idrogeno al costo del petrolio in 5 anni significa in primis eliminare i sussidi e poi prevedere i rischi infrastrutturali e degli incidenti che non dobbiamo nascondere. Oggi serve uno sforzo politico importante per designare il quadro normativo europeo, ma non dobbiamo dimenticare il vantaggio che l’Idrogeno da sole costa meno di quello del vento, quindi abbiamo anche questo vantaggio sul Nord Europa. Secondo me l’auto del futuro non sarà ad idrogeno ma a batteria.”
Antonio Misiani (PD):
“La scelta di definire una delega specifica al Green New Deal all’interno del Ministero dell’Economia spiega quanto lo sviluppo sostenibile sia un obiettivo chiaro non solo per il dicastero ma per tutto il Governo: ne spiega la rilevanza, perché la transizione economica è un driver per l’economia del nostro Paese, ma va definitivamente svincolato da una logica esclusivamente vincolistica perché diventi un volano per la riduzione dei consumi e gli obiettivi sfidanti della riduzione entro il 2030 e la decarbonizzazione completa nel 2050.
Questa è la strada maestra per superare la più severa crisi che ha colpito il nostro Paese dal dopoguerra con conseguenze sociali che ancora non sono del tutto visibili, ma la ripresa è già in atto, anche se purtroppo non è omogenea e gravata dall’incertezza legata alla pandemia. Per questo il Governo ha messo in campo 100 miliardi per aiutare i cittadini e le imprese dalla violenza della pandemia, ma sappiamo che oggi la priorità è cambiare la politica economica per i prossimi 20 anni sulla via dello sviluppo sostenibile, senza dimenticare il sostegno a quei settori che rimarranno bloccati lo sappiamo da stime fino al 2023, come il trasporto areo.
Next Generation You è un’opportunità conquistata dalla nostra rinnovata credibilità in Europa, ma non arrivano soldi a pioggia, da Bruxelles non arriva Babbo Natale. Quello che possiamo e dobbiamo fare politicamente è ottenere un’architettura di erogazione dei fondi condivisa anche dai paesi così detti frugali, che però hanno preso coscienza come si esca tutti insieme dalla crisi pandemica perseguendo obiettivi precisi per la transizione energetica, per decarbonizzazione chiaramente ribaditi da Ursula von der Leyen nell’ultimo discorso sullo stato dell’UE.
Sappiamo che serve un 30% di investimenti a sostegno dei cambiamenti dei comportamenti sia globalmente come Paese che ai privati come previsto dal Documento programmatico di Bilancio, così come dai cluster progettuali focalizzati su energia pulita, transizione energetica, decarbonizzazione. Lo Stato è uno degli attori, deve fare la sua parte, ma serve un’alleanza con le aziende, in primis quelle a partecipazione pubblica, come ENI e TERNA, ma dobbiamo mobilitare tutte le risorse nazionali e il know how per velocizzare il rilancio. L’Italia è un paese in stagnazione da tempo, ma bisogna attrarre gli investimenti degli stessi italiani, dei loro risparmi, con vantaggi fiscali.
Italia è già fortemente interconnessa con i paesi dell’UE i 209 miliardi arrivano su progetti che non sono esclusivamente italiani. Tantissimi sono già pervenuti alla cabina di regia politica e a quella tecnica affiancata per la valutazione, su questo si innesta il compito della politica di definire chiaramente il perimetro dei progetti, come dei soggetti attuatori. In passato i fondi europei li abbiamo spesi male, spesso in ritardo o li abbiamo persi del tutto; oggi non possiamo permettercelo. Il know how delle aziende italiane nel settore energetico è preziosissimo, ma dobbiamo avere uno sguardo al mercato europeo, ma con l’interesse nazionale italiano al centro con la valorizzazione di quanto già è stato fatto a livelli infrastrutturali, di un gioco di squadra mettendo tutti attorno ad un tavolo per marciare molto spediti difronte ad obiettivi molto sfidanti come il 55% di riduzione delle emissioni entro il 2030.
Nel decreto semplificazioni è previsto un primo passo sulla semplificazione normativa in campo energetico. L’Italia è relativamente avanti sulle rinnovabili, come sulle emissioni, anche se nel 2015-2018 avevano ripreso a crescere, e questo è un campanello d’allarme per i prossimi 10 anni.
Il Governo sta pensando a Commissari all’attuazione per sorvegliare l’andamento dei progetti: lo prevedono le linee guida per il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza che recepisce un’indicazione del Presidente Conte di scegliere un riferimento per ogni cluster progettuale a cui deve accompagnarsi un quadro normativo semplificato ad hoc per superare la lentezza della realizzazione delle opere pubbliche in Italia (lo ricordo che la media è di 4,4 anni per opera pubblica, mentre si sale a 15,7 per le opere sopra i 100 milioni di euro).
Tra i soggetti attuatori poi devono rivestire un ruolo particolare le società partecipate, public utilities.
Finanziamento: lo Stato ha già previsto nel Green New Deal 2020 che SACE giochi un ruolo chiave con 4 miliardi di euro di garanzie. Ma resta il tema dell’utilizzo dei fondi europei, ma anche della facilitazione dell’investimento privato offrendo certezze, visto che i fondi di investimento privato per esempio non investono già più nelle aziende fossili e guardano agli obiettivi SDG’s. I soldi investiti sulla transizione energentica sono ben spesi, anche i governi nazionali devono capire questo e che servono finanziamenti di scopo. Italia ha pensato ad un green bond che pensiamo sarà premiato dal mercato finanziario.”