Nel corso dell’evento promosso da SDA Bocconi “Dalle case della salute alle case della comunità. La prospettiva del management” la Presidente Tiziana Frittelli: “la chiave è nell’integrazione tra Missione 5 e Missione 6 del PNRR. Disabilità, non autosufficienza, inclusione, equità per il sud da supportare attraverso le reti di prossimità, strutture e telemedicina
AgenPress. In Italia quasi 4.200 comuni (quasi la metà del totale) ricadono nelle aree interne. Questi territori coprono il 60% della superficie nazionale, e sono abitati da circa 13 milioni di abitanti (circa il 22% della popolazione italiana). La maggior parte degli abitanti delle aree interne (8,8 milioni di persone) vive nei Comuni intermedi distanti dai 20 ai 40 minuti dal polo più vicino. 3,7 milioni abitano in comuni periferici, mentre 670mila vivono in aree ultra-periferiche (cioè comuni distanti almeno 75 minuti dal centro più vicino) (Fonte: Agenzia per la Coesione territoriale)
Sono questi i dati richiamati da Tiziana Frittelli, Presidente Nazionale di Federsanità e DG dell’AO San Giovanni Addolorata di Roma, nel corso del suo intervento all’evento di oggi organizzato da SDA Bocconi con il contributo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa “Dalle case della salute alle case della comunità. La prospettiva del management”.
“Le Aree interne – ha detto – sono caratterizzate dall’essere significativamente distanti dai principali centri di servizi, ovvero un’offerta scolastica secondaria superiore completa, un Ospedale con un dipartimento di emergenza, urgenza e accettazione (DEA) di primo livello, una stazione ferroviaria di tipo silver. Le principali difficoltà riscontrate sono: le tempistiche di accesso ai servizi di emergenza, l’accesso ai servizi domiciliari; la minore disponibilità di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e guardia medica; la minore attenzione alla continuità delle cure nelle malattie croniche; le difficoltà dei collegamenti telematici legati alla telemedicina; la minore attrattività di tali aree per il personale sanitario”.
Numerosi studi hanno analizzato indicatori legati alla salute della popolazione e all’uso dei servizi. In linea generale, seppur con qualche differenza da regione a regione, gli studi mostrano che nelle Aree Interne: l’aspettativa di vita è più breve, vi è un minore accesso a cure ambulatoriali, ospedale; i tempi di soccorso sono più lunghi; i ricoveri evitabili sono maggiori; il monitoraggio delle malattie croniche è meno puntuale.
“La Missione 6 del PNRR – ha commentato Frittelli – parla della casa come primo luogo di cura e di cure garantite a prescindere dalla regione di residenza. Nel contesto delle Aree Interne la realizzazione di cure territoriali adeguate e la risoluzione dei problemi riscontrati (stato di salute, accessibilità, carenza di personale, ecc.) richiedono un approccio specifico e differenziato a livello territoriali. È necessario quindi un vero “laboratorio” per il problema “divario di cittadinanza” posto come priorità trasversale dal PNRR”.
Federsanità, in stretta sinergia con i Comuni sul territorio attraverso le Federsanità regionali, sta sviluppando progetti che affrontano il tema dei servizi territoriali nell’attuale contesto di programmazione generale. Obiettivo è rispondere a domande come: in che modo applicare le indicazioni del PNRR alle Aree interne? come organizzare Case della Salute, infermiere di Comunità, USCA, Salute mentale, Telemedicina? quali soluzioni organizzative per la carenza di medici di medicina generale, di pediatri di libera scelta e di medici di continuità assistenziale? quale ruolo e quali funzioni per le farmacie dei servizi? quale organizzazione dell’emergenza? quale interazione con gli ospedali di riferimento e la medicina specialistica? quale ruolo dei Comuni, delle Associazioni e del volontariato?
“La progettazione dei servizi sanitari e sociali delle aree interne – ha concluso la Presidente Frittelli – non può che nascere con la metodologia della “Community building” e quindi con la partecipazione attiva di tutti gli attori coinvolti e con una forte politica di decentramento nelle decisioni organizzative. È solo a partire dal territorio, dalle sue risorse formali ed informali, dall’accurata conoscenza dei bisogni e degli strumenti quotidiani per affrontarli che si potrà costruire un autentico sistema di salute di popolazione”.