AgenPress. Verso sera ascolto la sera. Nell’imbrunire delle parole il pensiero gioca con l’eleganza della luna che ha il suo giro nel tondo del cerchio non perfetto. La perfezione è forse una deontologia dello stile nell’eleganza del sobrio? Continua ad amare l’eleganza che mi conduce nel tentativo di raggiungere la bellezza. La vita si vive nel tentare che diventa tentazione e forse attrazione. Bisogna saper passare gli anni con stile che richiama virtù ed etica. Allontanandomi dalla morale entro sempre più nell’etica. Verso sera ascolto il crepuscolo. Quando il crepuscolo ha ombre arrivano gli dei. Ma se il crepuscolo degli dei si lacera gli dei non muoiono. Si trasferiscono.
Ha un suo senso. Soprattutto nel momento in cui si viaggia nell’esistenza mettendo in opera ciò che chiamiamo galateo. Il conformismo e l’omologazione non conoscono il galateo. Proprio quello di Galeazzo. Proprio quel bon ton alla francese lettura che è appunto stile e nobiltà. La morale non ha comparazioni con l’etica e tanto meno con l’eleganza, lo stile e il parlar piano, ovvero parlando tacendo. Il silenzio è parte integrante dell’etica e del galateo. Se la parola che stai per pronunciare non ha la bellezza del silenzio occorre il coraggio di tacere. Un incipit che ho incontrato nella mia Persia e nei miei Orienti. L’Oriente conosce l’etica. L’occidente ha dimenticato persino la cosiddetta morale. Quando vengono meno le tesi e le antitesi l’ipotesi non ha alcun senso. È strumentale nella ideologia delle occasioni.
La storia non è morta e non è finita. Chi sostiene ciò fa esercizio usando le sole parole. Ma di è rotta. La storia si è spezzata nel momento in cui la borghesia ha preso il sopravvento sulla aristocrazia. Tutti possono diventare borghesi e ricchi. Aristocratici no. Occorre l’eleganza, lo stile, la nobiltà e non appartengono alla borghesia. Marx ha cercato di confutare ciò che Hegel aveva testimoniato ma ha rovesciato le origini, le appartenenze, l’etica inventandosi la paranoia del Capitale. De Maistre è altro. Il rovesciamento del Gattopardo in borghesia come Stato ua creato macerie intorno ad uno scontro frontale tra cultura e civiltà.
Il fatto è anche altro. Nel tempo in cui Hegel immette il fenomeno nella metafisica Aristotele sembra non aver più una peculiarità. Non è cosi. La storia pur spezzata resta comunque storia. La tragica fattasi mondo affronta la fenomenologia e la ricerca della salvezza del finito diventa tentativo di infinito cercato.
L’esistenza dell’uomo si trova a navigare tra un neo umanesimo e il fattore metafisico. La tragicità nasce dalla contraddizione. L’uomo ha la necessità di vivere altrimenti non si fa storia. La sostanza è proprio qui. Per salvarsi dalla finitezza dobbiamo poter aprire la finestra sul giardino del sapere assoluto e non relativo e tanto meno attendere che la storia possa diventare scienza. Perché in questa attesa prende il sopravvento la prassi. Hegel è oltre tutto ciò in quanto è metafisica realizzata non idealizzata.
Nietzsche in una sua lettera a Lou Andreas – Salomè scrisse: “…Questo sistema è confutato e morto, ma la persona non si può far morire”. Dunque la persona. È Nietzsche che entra vigorosamente in Hegel e lo legge con l’intelligenza del tragico e non della storia. L’eleganza non muore ma la borghesia diventa Capitale nonostante tutto.
Lo stile diventa una fenomenologia del fatto tragico e la perdita dell’eleganza da parte dell’uomo è il tempo moderno che avanza nella storia. Il tragico nella metafisica è la consapevolezza della finitezza. Salvare il finito è tentare di farsi mondo. Ovvero la persona che diventa uomo si fa mondo? Bisogna salvarsi da ciò? Il sapere assoluto resta. La storia è la mosaicizzazione degli eventi.
La civilizzazione manniana è una fenomenologia dello spirito che dialoga con la ragione ma resta implacabilmente l’atto che lega la spiritualità all’etica. Il borghese può avere cultura ma non civiltà. Ovvero testimonianza di costumi, tradizioni, riti e regole. La rottura della storia è proprio nella frantumazione delle regole. Ed è ciò che si affaccia nella sera della modernità che tradisce la sera per diventare la caverna dei lupi, ovvero notte – buio. L’imbrunire nella sera è eleganza. La buia notte è il tradimento della luce. Bisogna restare nell’eresia per vivere il galateo. Ma essere eretici vuol dire anche non omologarsi ad una società senza civiltà. Quando la sera scende bisogna entrarci tra le pieghe per restare incorruttibile e fedeli a ciò che è tradizione.
La tradizione è tramandare ma bisogna essere tradizione e non illudersi di diventare tradizione. La tradizione è inossidabile quando è stata ed è impeccabile formazione radicata e radicante. Credo, appunto, in quella eresia necessaria che possa permettere alla eleganza di superare gli scogli di una cultura senza civiltà. Superarla con il comportamento delle azioni nate nel pensiero di una spiritualità che possa confrontarsi con la ragione ma che debba restare una fenomenologia etica. Verso sera si vive quasi sempre un tramonto sublime. Ascoltando la sera.
Perché la vita si veste di filosofia? O perché la filosofia invade le vite di alcuni? Quando la vita diventa impeto ed azione l’eleganza e lo stile stanno a guardare. Quando la modernità non ha rispetto della tradizione le civiltà muoiono e le macerie si fanno cultura di morte.
Ma come è stata capita male Anne-Louise Germaine Necker, baronessa di Staël-Holstein. Quando gli dei ascoltano e restano in silenzio il naufragio delle civiltà è un orizzonte finito.
Pierfranco Bruni