AgenPress – “È in corso una guerra e credo sia un errore pensare che sia un film di cowboy dove ci sono buoni e cattivi. Ed è un errore anche pensare che questa è una guerra tra Russia e Ucraina e basta. No: questa è una guerra mondiale”. Lo ha detto il Papa nel viaggio in Kazakistan, parlando con i Gesuiti. La conversazione è del 15 settembre ed è stata raccolta dal direttore de La Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro.
Il Papa – nel colloquio con i Gesuiti in Kazakistan reso noto da La Civiltà Cattolica – ha ribadito che “la vittima di questo conflitto è l’Ucraina. Io intendo ragionare sul perché questa guerra non sia stata evitata. E la guerra è come un matrimonio, in un certo senso. Per capire, bisogna indagare la dinamica che ha sviluppato il conflitto. Ci sono fattori internazionali che hanno contribuito a provocare la guerra. Ho già ricordato che un capo di Stato, a dicembre dello scorso anno, è venuto a dirmi di essere molto preoccupato perché la Nato era andata ad abbaiare alle porte della Russia senza capire che i russi sono imperiali e temono l’insicurezza ai confini. Lui ha espresso paura che ciò avrebbe provocato una guerra, e questa è scoppiata due mesi dopo. Dunque – commenta Papa Francesco, non si può essere semplicisti nel ragionare sulle cause del conflitto. Io vedo imperialismi in conflitto. E, quando si sentono minacciati e in decadenza, gli imperialismi reagiscono pensando che la soluzione sia scatenare una guerra per rifarsi, e anche per vendere e provare le armi”. Per il Papa – che su questo dice “non dubito” – “stiamo già vivendo la Terza guerra mondiale. In un secolo ne abbiamo viste tre: una tra il 1914 e il 1918, una tra il 1939 e il 1945, e adesso viviamo questa”.
Il Papa si è adoperato per lo scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina. “È venuto anche un capo militare che si occupa dello scambio dei prigionieri, sempre con l’assessore religioso del presidente Zelensky. Questa volta mi hanno portato una lista di oltre 300 prigionieri. Mi hanno chiesto di fare qualcosa per operare uno scambio. Io ho subito chiamato l’ambasciatore russo per vedere se si poteva fare qualcosa, se si potesse velocizzare uno scambio di prigionieri”.