L’Ucraina era la terza potenza atomica mondiale. Russia, USA e Regno Unito la convinsero a disfarsi dell’arsenale, consegnarlo alla Russia, in cambio di una garanzia di indipendenza e integrità territoriale. Una promessa, quella del Memorandum di Budapest oggi tradita.
AgenPress – Il Memorandum non riguardava soltanto l’Ucraina, ma anche il Kazakistan e la Bielorussia: tutti stati diventati indipendenti dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica (nel 1991), e che si trovarono ad avere sul proprio territorio una serie di armi nucleari che erano appartenute all’URSS. Dei tre stati in questione, l’Ucraina era quello che ne aveva di più: con circa 1.900 ordigni nucleari di vario tipo, la neonata Ucraina si trovò a essere la terza potenza nucleare del mondo.
I leader di Ucraina Leonid Kravchuk, Usa (Bill Clinton), Gran Bretagna (Major) e Russia (Eltsin) si riuniscono a Budapest per sottoscrivere lo storico memorandum in cui, a fronte della rinunzia da parte ucraina al proprio arsenale atomico e all’adesione al trattato di non proliferazione nucleare, gli altri firmatari s’impegnano a garantire l’indipendenza e la sovranità territoriale dell’ex repubblica sovietica. Ben 1.900 testate nucleari vengono così inviate alla Federazione Russa – che presenta il disarmo ucraino come unica soluzione possibile – per essere smaltite nei successivi tre anni. L’Ucraina all’epoca possiede il terzo arsenale nucleare al mondo. Un deterrente spaventoso, in grado di scoraggiare qualsiasi tentativo esterno d’aggressione.
Con la divisione dell’Unione Sovietica in 15 nazioni, le testate nucleari comuniste si trovarono distribuite principalmente in tre stati. La Russia, che ancora oggi ha l’arsenale nucleare più grande del pianeta; il Kazakistan, alleato fedelissimo del regime di Mosca; l’Ucraina.
L’accordo – siglato quasi 30 anni fa e poi esteso a Francia e Cina a fronte di ulteriori garanzie – era strettamente vincolante per le parti. Il casus foederis impone infatti ai cofirmatari un intervento immediato a sostegno e difesa dell’Ucraina, qualora minacce d’ordine militare o economico ne minino l’integrità. Per anni Putin ha portato avanti la tesi di una presunta intesa storica raggiunta con l’Occidente circa il futuro dell’Ucraina, rivendicando garanzie formali che la Federazione Russa avrebbe ricevuto durante i bilaterali Washington-Mosca e i colloqui “4+2” circa il supposto limite nell’espansione a Est della Nato.
La riorganizzazione e la messa in sicurezza dell’arsenale atomico sovietico fu una delle maggiori preoccupazioni negli anni che seguirono la fine della Guerra Fredda. Il primo passo per arrivare a un accordo fu la firma, nel 1992, dello START (Strategic Arms Reduction Treaty) tra USA e URSS, poi gli stati a essa succeduti.
Ma prima di aderire allo START, l’Ucraina pretese garanzie sulla propria sicurezza e sul rispetto dei propri confini. Nacque così il “Memorandum di Budapest sulle garanzie di sicurezza” del 1994, articolato in 6 punti.
- I paesi firmatari (Russia, Stati Uniti e Regno Unito) avrebbero rispettato la sovranità, l’integrità territoriale e i confini esistenti dell’Ucraina.
- Non l’avrebbero attaccata se non in caso di autodifesa.
- Avrebbero evitato misure di coercizione economica per sottometterla.
- Non avrebbero usato armi nucleari contro di lei.
- L’avrebbero assistita in caso di attacco nucleare.
- Avrebbero fatto rispettare questi punti nel caso di una crisi.
La Russia, all’interno del Memorandum di Busapest, si impegnava a non minacciare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Quest’ultima accettò allora di aderire allo START ma richiese ulteriori rassicurazioni, ribadite più volte. L’Ucraina finì di dismettere il suo enorme arsenale atomico nel 1996. USA e Russia confermarono le rassicurazioni a Kyiv nel 2009, all’epoca di Putin e Obama, con una dichiarazione congiunta che ribadiva il valore del Memorandum di Budapest anche dopo la scadenza dello START.
Nel 2014 lo stesso Vladimir Putin ha violato quella promessa, annettendo militarmente la Crimea e, oggi, invadendo l’intera Ucraina. Un attacco che non sarebbe stato impossibile se Kyiv avesse mantenuto il controllo del deterrente nucleare.
Durante la crisi di Crimea del 2014, l’Ucraina ha fatto riferimento proprio a questo trattato per ricordare alla Russia che si è impegnata a rispettare i confini ucraini e agli altri firmatari che ne sono garanti e gli Stati Uniti che hanno sostenuto che il coinvolgimento russo viola i suoi obblighi nei confronti dell’Ucraina ai sensi del Memorandum di Budapest e in palese violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina.
“L’Ucraina è l’unica nazione della storia che ha rinunciato ad un arsenale nucleare, che nel 1994 era il terzo più grande del mondo, con le garanzie di Usa, Regno Unito e Russia. Dove sono queste garanzie? Noi ora siamo bombardati ed uccisi”, diceva, mentre l’armata russa iniziava l’invasione dell’Ucraina, il deputato ucraino Alexey Goncharenko, ai microfoni di Fox News, ricordava che Kiev – contrariamente a quanto suggerito da Vladimir Putin e la sua macchina della propaganda che ora insinua che Kiev starebbe preparando una “bomba sporca” da usare contro la Russia – ha scelto 30 anni fa la via della denuclearizzazione. Dopo aver ottenuto l’indipendenza dall’Urss, il 1 dicembre 1991, l’Ucraina si ritrovò infatti nella posizione di terza maggiore potenza nucleare mondiale, con circa 3mila testate nucleari tattiche e 2mila testate strategiche, secondo i conteggi della Federation of American Scientists. Praticamente un terzo dell’arsenale nucleare sovietico era rimasto sul territorio ora diventato ucraino.
La Russia di Putin era stata accusata di aver violato il Memorandum già nel 2014 al momento dell’invasione e poi annessione della Crimea. Per tutta risposta il presidente russo allora affermò che considerava non più valido l’accordo.
Per giustificare la nuova aggressione all’Ucraina, insieme alla sua macchina della propaganda, continua a sostenere che l’Ucraina sia ancora in possesso di tecnologia nucleare sovietica e che la voglia usare per creare armi atomiche, magari bombe sporche da usare contro la Russia.