AgenPress. L’intelligenza artificiale generativa – Il Presidente Fontana ne parlava prima di me – ed è tra i temi, non a caso, che la Presidenza italiana del G7 ha voluto prioritari in quest’anno di presidenza.
Al Vertice di Borgo Egnazia noi abbiamo ascoltato il punto di vista, su questa materia, di Sua santità Papa Francesco e vorrei riflettere con voi su uno dei messaggi che il Pontefice ha portato con il suo intervento, che io ritengo essere di estrema importanza. Il Santo Padre ci ha ricordato che la “politica serve” e che la sua grandezza si mostra quando opera sulla base di “grandi principi e pensando al bene comune e a lungo termine”.
Ci ha poi ricordato, il Pontefice, che ogni strumento tecnologico creato dell’uomo, intelligenza artificiale generativa inclusa, deve avere una “ispirazione etica”, che sia cioé ordinata “al bene di ogni essere umano”.
È una riflessione che condivido appieno. Perché? Se ci pensate, l’intelligenza artificiale altro non è che un grande moltiplicatore. E se è così, la domanda che noi dobbiamo porci come politici è: che cosa vogliamo moltiplicare con l’intelligenza artificiale? Voglio dire, se questo moltiplicatore venisse usato per trovare una cura finalmente a malattie che oggi sono incurabili, avrebbe allora la possibilità di concorrere in modo estremamente significativo al bene comune. Ma se quel moltiplicatore venisse invece utilizzato per aumentare le diseguaglianze e divaricare gli equilibri globali, allora gli scenari che ne deriverebbero sarebbero potenzialmente catastrofici. A chi spetta rispondere a questa domanda?
Spetta alla politica, segnatamente spetta alla “sana politica”, e se la politica delegasse questa risposta agli algoritmi o alle macchine, semplicemente la politica avrebbe abdicato al suo ruolo, con conseguenze che oggi sono inimmaginabili.
La riflessione del Santo Padre non a caso era rivolta a noi. E noi dobbiamo saper cogliere la potenza della sua esortazione. E per noi intendo chi ha responsabilità di governo, certo, ma intendo soprattutto i Parlamenti, che sono il cuore delle nostre democrazie perché sono i luoghi nei quali tutti i cittadini sono rappresentati e le diverse visioni del mondo si confrontano, trovano una sintesi e si tramutano in risposte per quei cittadini.
Cosa saremo capaci di fare, ad esempio, per garantire che l’intelligenza artificiale sia controllata dall’uomo, incentrata sull’uomo e al servizio dell’uomo? Dalla risposta a questa domanda sapremo se la politica ha assunto il suo ruolo o ha abdicato a quel ruolo.
E io sono contenta di poter dire che la politica non sta abdicando, come dimostrano proprio gli esiti del summit dei leader del g7, con gli impegni assunti nelle dichiarazioni finali, e con un lavoro che stanno facendo anche le varie ministeriali, che consentono significativi passi avanti.
Penso, ad esempio, alla decisione di creare un marchio che consenta alle imprese e alle organizzazioni che adottano il codice di condotta previsto dall’Hiroshima Artificial Intelligence Process di essere riconoscibili dai cittadini e dai consumatori. Ma penso anche al Piano d’azione sull’uso dell’IA nel mondo del lavoro, consapevoli come siamo del fatto che questa rivoluzione avrà conseguenze su tutti i settori e sulla vita di milioni di lavoratori. Piano che sarà adottato, tra pochi giorni durante la riunione dei Ministri del Lavoro, e rappresenterà, dal mio punto di vista, un riferimento di grande rilievo su questa materia.
Ma, a mio avviso, la politica non può non sentire sulle proprie spalle un altro peso, che è quello di valutare l’impatto sugli equilibri globali che possono avere le nuove forme di potere che stanno emergendo, come il potere computazionale, cioè il potere di calcolo associato ad algoritmi sempre più sofisticati e potenti, e il fatto che la competizione geopolitica lambisce oggi nuovi domini, domini non abitati dall’uomo ma da algoritmi, macchine e tecnologia. Spetta alla politica – ancora una volta ai Governi, ma anche e soprattutto ai Parlamenti – assumersi questa responsabilità, una responsabilità sempre più decisiva in un quadro globale già particolarmente complesso, che è attraversato da una crescente instabilità e da conflitti che hanno ricadute a 360 gradi.