I grandi uomini di cui oggi ha bisogno il Paese: Donato Menichella. Uno spirito di missione così spiccato da arrivare a ridursi lo stipendio da governatore onorario e a rifiutare tutto: i Lincei, la nomina a senatore a vita, perfino le interviste. Con lui la lira vinse l’oscar mondiale. Al primo posto ci furono sempre lo sviluppo dell’economia e il riequilibrio territoriale
di Roberto Napoletano, Direttore del Quotidiano del Sud e l’Altravoce dell’Italia
“Presidente, dia retta a me che conosco i miei polli. Agli enti non ci credono più, ne hanno avuti già troppi e hanno visto come sono finiti. Cassa è nuovo, eppoi è concreto. È un oggetto che si vede, che si tocca e che a scuoterlo risuona di denari…” Con queste parole il governatore della Banca d’Italia, Donato Menichella, si rivolge al Capo del governo Alcide De Gasperi a metà febbraio del 1950, nel suo ufficio al primo piano del palazzo del Viminale. Lo fa con il trasporto del “meridionale delle Puglie” che conosce uomini e cose delle sue terre e disdegna la retorica, ma che è consapevole di parlare a un politico di professione democristiano che prima di tutto ciò è un italiano mezzo trentino mezzo asburgico.
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