AgenPress- “Un tema che non ha avuto finora sufficiente attenzione è l’abuso all’interno delle Congregazioni femminili. Esso non assume per lo più la forma della violenza sessuale e non riguarda minori; tuttavia non per questo risulta essere meno importante e gravido di conseguenze rilevanti. Dall’esperienza pastorale e dai colloqui avuti in proposito si tratta per lo più di abusi di potere e di coscienza”. Agli “Abusi di autorità nella Chiesa. Problemi e sfide della vita religiosa femminile” dedica un ampio articolo Civiltà Cattolica nel quaderno 4083-4084, in uscita sabato 1 agosto.
La rivista dei Gesuiti si sofferma tra l’altro sui casi in cui “l’abilità di alcune superiore, capaci di individuare anime generose, ma anche vulnerabili alle manipolazioni” portano ad arbitrarie gratificazioni, come “possibilità formative o di studio”, nei confronti delle “più fedeli e docili, a scapito invece di chi esprime un pensiero differente” e a “forme di ricatto per conseguire una gestione del potere senza limiti”.
Si cita l’intervista del cardinale prefetto della Vita consacrata, Joao Braz de Aviz, all’inserto ‘Donne Chiesa Mondo’ dell’Osservatore Romano in cui parlò di casi “di superiore generali che una volta elette non hanno più ceduto il loro posto”, mentre “una ha voluto persino cambiare le costituzioni per poter restare superiora generale fino alla morte” e comunque della tendenza “a prolungare ad ogni costo il mandato ricevuto”.
“In una Congregazione (attualmente in fase di commissariamento) – scrive l’articolista, padre Giovanni Cucci – la medesima suora è stata consigliera generale per 12 anni, successivamente superiora generale per 18 anni, ed è riuscita a farsi eleggere di nuovo vicaria generale, ‘pilotando’ il capitolo, per poter continuare a governare di fatto negli anni successivi”.
E la domanda è “se il governo sia considerato una forma di assicurazione di privilegi preclusi agli altri membri, come ad esempio, nel caso in questione, affidare alle comunità i familiari e i parenti, ospitati e curati gratuitamente”. In alcuni casi “i familiari sono anche stati sepolti nella tomba della Congregazione”, mentre “in un altro Istituto la superiora, senza consultare nessuno, si è portata la mamma nella comunità delle suore fino alla morte, permettendole anche di condividere gli spazi comunitari per circa vent’anni. Ogni estate abbandonava la comunità per portarsi la mamma in vacanza”.
Essere superiora, in certi casi, “sembra garantire altri privilegi esclusivi, come usufruire delle migliori cure mediche, mentre chi è una semplice suora non può neppure andare dall’oculista o dal dentista, perché ‘si deve risparmiare’”.
Gli esempi “riguardano purtroppo ogni aspetto della vita ordinaria”: dall’abbigliamento alla possibilità di fare vacanza, avere una giornata di riposo o, più semplicemente, poter uscire per una passeggiata, “tutto deve passare dalla decisione (o dal capriccio) della medesima persona”. E “se si chiede un indumento pesante, si deve attendere la deliberazione del Consiglio, o la richiesta viene rifiutata ‘per motivi di povertà’”. Alla fine alcune suore si sono rivolte ai familiari, e magari hanno saputo che “l’armadio della superiora è pieno di indumenti acquistati senza consultare nessuno con i soldi della comunità, mentre altre hanno a malapena un ricambio”.
“Purtroppo – sottolinea Civiltà Cattolica – per alcune suore questa è la realtà quotidiana: una realtà che per lo più non possono far conoscere, perché non sanno a chi rivolgersi, o per paura di ritorsioni”. E anche “la gestione patrimoniale di un Istituto come proprietà personale è un altro tasto doloroso di alcune Congregazioni femminili, dove la complicità fra la superiora generale e l’economa (anch’essa di fatto a vita, nonostante i limiti dell’età) finisce per consentire il controllo completo dei beni”. Il messaggio che viene dato è che “governare è sinonimo di privilegio, a scapito dei più deboli”, mentre la casa religiosa “più che come una comunità, viene vissuta come una prigione”. Con l’esito che questi stessi Istituti “non hanno più vocazioni in Italia da oltre 50 anni.
Sarà forse un caso?”.
Non mancano, ricordati dallo stesso Aviz, anche “casi di abusi sessuali subiti dalle novizie da parte delle formatrici; una situazione più rara rispetto alle Congregazioni maschili, ma forse, proprio per questo, ancora più grave e dolorosa”. Civiltà Cattolica rileva infine “la tragica condizione” di quante non ce la fanno e abbandonano la vita religiosa: “in molti casi esse non hanno ricevuto alcun aiuto, anzi si è cercato in tutti i modi di impedire loro di trovare una sistemazione”.
E si è arrivati perfino a “qualche caso di prostituzione per potersi mantenere”. “Il problema è diventato così grave – aggiunge padre Cucci – che papa Francesco ha deciso di costruire una casa per coloro che, soprattutto straniere, non hanno un posto dove andare”. (huffingtonpost)