AgenPress – “Non può sfuggire la portata dirompente, in senso anticostituzionale, delle
disposizioni per la celebrazione e la decisione dei giudizi penali di appello nel
periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19, introdotte con l’art. 23 del
decreto legge 9.11.2020 n. 149”.
E’ quanto si legge in un documento della Camera penale milanese. “Con un colpo di spugna, tra norme che si occupano di botanica, l’art. 23 ha introdotto una sorta di giurisdizione penale d’appello “a chiamata”: se invocata tempestivamente da una parte privata o dal pubblico ministero, essa si attuerà secondo le norme inderogabili del contraddittorio e della collegialità, con una camera di consiglio celebrata in presenza dell’organo giudicante.
In caso contrario, addio al vecchio giudizio d’appello e via libera al nuovo tran
tran cartolare: scambi di conclusioni e memorie in via telematica tramite la
cancelleria; giudici collegati tra loro da remoto; avvocati, pubblici ministeri,
parti e imputati ridotti ad ectoplasmi; et voilà, giustizia (non) sarà fatta.
La ratio sottostante una simile disposizione non risiede certo nell’esigenza di
fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso, che la recente esperienza anche
milanese dimostra potersi contenere con un’adeguata calendarizzazione
delle udienze, in modo da consentire il distanziamento interpersonale, con la
sanificazione delle aule e con l’utilizzo dei presidi individuali di protezione.
La ragione di tale scelta non è l’emergenza epidemiologica in corso, ma
l’ormai conclamata insofferenza alla celebrazione dei giudizi in Corte di
Appello e in Corte di Cassazione secondo le regole previste dal codice di
procedura penale.
Sono infatti anni che assistiamo ai tentativi di cartolarizzare i giudizi di
impugnazione, di eliminare la relazione, introdotta nel nostro codice a
garanzia della collegialità delle deliberazioni, e, soprattutto, di eliminare la
discussione orale della difesa, vissuta ormai come un inutile ostacolo alla
gestione sempre più monocratica dei giudizi di impugnazione.
Non a caso l’inaugurazione del presente anno giudiziario dell’Unione delle
Camere Penali Italiane si è tenuta a difesa del giudizio di appello, della sua
oralità e della sua collegialità, già pesantemente messe in discussione dalle
prassi adottate e ora inesorabilmente accantonate con il pretesto
dell’emergenza epidemiologica.
La Camera Penale di Milano, pertanto, stigmatizza l’abominio processuale
introdotto con l’art. 23 del decreto legge 9 novembre 2020 n. 149 e auspica la
mobilitazione di tutti i penalisti italiani a difesa dei principi del giusto processo,
invitando i colleghi ad avvalersi in ogni caso della “facoltà” di discutere
oralmente il proprio processo, nell’auspicio che questo torni ad essere un
pieno diritto”.