“La pazzia dei sospettati sbattuti come mostri in prima pagina? Il primo fu Valpreda”. “La riforma della giustizia è urgente da 50 anni, ma senza una politica forte è impossibile”. “La Milva che ho conosciuto. Una forza della natura. Una donna bellissima, forte e dolcissima. “La destra non è garantista perché il garantismo o vale pertutti o non è garantismo”
AgenPress. -Diliberto, vorrei cominciare questa intervista con un suo ricordo di Milva, la grande cantante scomparsa qualche giorno fa, che lei credo abbia conosciuto personalmente…
Sì. Io la conoscevo bene. Ci siamo incontrati dopo che nel 2007 aveva rilasciato un’intervista, non ricordo se a Repubblica o al Corriere, sperticandosi in elogi nei miei confronti. Io all’epoca ero parlamentare e Segretario Nazionale del Partito dei Comunisti Italiani. Sapevo che Milva era stata comunista, ma non che lo fosse ancora. Lusingato, la cercai, lei fu carinissima e ci incontrammo più di una volta. Una donna di grandissimo fascino. Una donna straordinariamente bella nonostante fosse già avanti con gli anni. Una donna con un’energia pazzesca. Andai a vederla a teatro in quella che probabilmente fu una delle sue ultime apparizioni. Una forza della natura in scena. E poi, contemporaneamente, forte e dolcissima.
-Scendiamo di un gradino. Passiamo alla politica di casa nostra. Che cosa pensa del Governo di Mario Draghi? Dietro l’incarico conferitogli dal Presidente Mattarella c’è solo l’ostruzionismo di Matteo Renzi o si nascondono altri interessi nazionali ed esteri?
Guardi, io sono uscito dalla politica nel 2013 e da allora mi interesso tanto, ma non rilascio a nessuno dichiarazioni sulla politica. E per un motivo ben preciso. Quelli di sinistra della mia generazione sono carichi di macerie sulle spalle. Non abbiamo alcun titolo per dare giudizi. Ognuno si tiene per se i propri. Vedo che molti continuano a essere impertinentemente sulla scena. Io no. Io mi sono chiamato fuori. Mi sono autorottamato, mettiamola così e sono ben lieto di aver recuperato una dimensione che è esclusivamente quella dell’accademia e dello studio.
-Come accademico e giurista di chiara fama, può allora dirmi che cosa pensa delle storture delle magistratura denunciate dall’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara e della necessità di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta, di cui si è fatto paladino anche l’ex giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese?
Sabino Cassese è una persona di straordinario valore. Come giurista e come uomo delle istituzioni. Personalmente non nutro alcuna fiducia nelle commissioni parlamentari. Ne nutrivo poca quando il Parlamento era popolato da grandi personaggi, si figuri adesso. Per quanto riguarda le presunte rivelazioni di Palamara, io credo che il libro di Sallusti, più che di rivelazioni, sia carico di avvertimenti.
-Avvertimenti… In che senso?
Nel senso che Palamara lascia intendere che sa molte più cose di quelle che racconta nel libro. Le storture denunciate da Palamarasi conoscevano e certamente lui non è il solo responsabile. E’ responsabile, sia ben chiaro, ma non è certamente il solo.
-Perché la magistratura è arrivata a quei livelli di degrado?
Questo lo deve chiedere alla magistratura, non a me. E’ evidente che l’organo di autogoverno non ha funzionato bene. Questo è un fatto oggettivo.
-Una riforma della giustizia è auspicabile? Le carriere dei pubblici ministeri e dei giudici andrebbero separate?
La riforma della giustizia è sicuramente urgente, ma è urgente da circa cinquanta anni e non si è mai fatta. Il mio pessimismo su questo fronte è cosmico. Per fare una riforma della giustizia, quale che sia, ci vuole una politica forte e autorevole, in grado di portarla a termine anche in presenza di pressioni contrarie. Una politica forte, mi sembra evidente, oggi non c’è.
-La separazione delle carriere sarebbe una cosa giusta?
Per me no. Non ne ho mai sostenuta la necessità. Il problema non è la separazione delle carriere, ma il modo in cui si vanno a ricoprire i ruoli apicali, in particolare nei Tribunali e nelle Procure chiave.
-E quale sarebbe questo modo sbagliato?
Abbiamo visto che è un modo spartitorio e non dovrebbe esserlo. Non ho, però, una ricetta per fortuna, nel senso che, non facendo più politica, non mi pongo il problema di trovare soluzioni. Dovrebbero trovarle quelli che dirigono.
-Non le sembra che il principio dell’innocenza fino a prova contraria e a sentenza definitiva sia saltato con i sospettati sbattuti come mostri in prima pagina?
A lei sembra che sia questo un problema odierno? Noi siamo sufficientemente vecchi per ricordarci di quando più di cinquanta anni fa fu arrestato Pietro Valpreda, sparato in prima pagina come l’autore della strage di Piazza Fontana. Poi è evidente che c’è stata un’ulteriore degenerazione, quando si è passato a colpire i politici. Era molto bello mettere alla berlina i potenti. E’ una stortura pazzesca. Non ho alcun dubbio. Mi sento un garantista vero, perché io sono garantista con tutti, non solo con i colletti bianchi.
-Le faccio una domanda che parte da un mio stato d’animo. A chi, come me, è garantista anche nell’anima, sembra a volte che il garantismo sia diventato un valore solo della destra. Come è possibile?
A me non sembra un valore solo della destra. Conosco moltissime persone di sinistra, a iniziare da me stesso, che sono garantiste. La destra non è garantista. La destra è garantista soltanto con i colletti bianchi e con i reati della classe dirigente. Con un immigrato non è certo garantista. Il garantismo o è per tutti o non è garantismo. Perché quando sono per tutti si chiamano diritti. Quando sono per pochi si chiamano privilegi.”
di Antonello Sette