AgenPress. Con 106 voti favorevoli, il Senato della Repubblica ha approvato oggi il disegno di legge che introduce la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente. Si tratta di una riforma storica della giustizia italiana, da tempo al centro del dibattito politico e istituzionale, fortemente voluta dal governo Meloni e sostenuta in particolare da Fratelli d’Italia e Lega.
Il provvedimento, che ora passa alla Camera per la seconda lettura, prevede la creazione di due distinti Consigli superiori della magistratura: uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, segnando una netta divisione tra chi giudica e chi accusa. La riforma comporta inoltre che il passaggio da una funzione all’altra non sarà più possibile nel corso della carriera, salvo rare eccezioni da regolamentare con legge ordinaria.
Durante la votazione a Palazzo Madama, 106 senatori hanno espresso parere favorevole, 67 si sono detti contrari, mentre sono stati 4 gli astenuti. Il clima in aula è stato teso, ma composto. I partiti della maggioranza hanno salutato l’approvazione come “un passo avanti verso una giustizia più equa, imparziale e garantista”, mentre l’opposizione – con PD e Movimento 5 Stelle in testa – ha parlato di un attacco all’indipendenza della magistratura.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, presente in aula, ha definito la giornata “storica”:
“Questa riforma pone finalmente fine all’ambiguità che ha caratterizzato il nostro ordinamento giudiziario per decenni. È un atto di chiarezza e trasparenza nei confronti dei cittadini.”
Critiche sono arrivate anche dall’Associazione Nazionale Magistrati, che ha parlato di una “riforma punitiva e ideologica, che rischia di indebolire il ruolo del pubblico ministero nella lotta alla criminalità”. Diversi giuristi e costituzionalisti hanno sollevato dubbi sulla necessità di una modifica costituzionale per rendere pienamente operativa la riforma, che al momento resta una legge ordinaria.
Intanto, le forze di opposizione hanno già annunciato iniziative di mobilitazione e una possibile richiesta di referendum abrogativo, qualora la legge venisse approvata in via definitiva.
Il dibattito sulla separazione delle carriere non si ferma dunque in Parlamento, ma sembra destinato ad animare anche l’opinione pubblica nei prossimi mesi.