AgenPress. La giornalista e attivista perugina Laura Santi, di 50 anni, è morta nella sua abitazione nella mattinata odierna, dopo essersi auto‑somministrata un farmaco letale in un atto di suicidio assistito. Accanto a lei c’era il marito Stefano, che l’ha accompagnata in questo gesto ultimo, costellato di sofferenze e determinazione.
Affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, Laura Santi aveva vissuto un aggravamento negli ultimi dodici mesi, rendendo la sua esistenza intollerabile. La notizia, diffusa dall’Associazione Luca Coscioni – di cui era attiva attivista e consigliera – conferma che Laura, dopo anni di battaglia fra sofferenze fisiche e processi legali, ha esercitato il suo diritto all’autodeterminazione.
Fin dal 2022, Laura ha avviato un lungo iter per accedere al suicidio medicalmente assistito, a seguito della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale. La sua battaglia ha incluso:
Richieste alla ASL Umbria 1, seguite da denunce, diffide, ricorso d’urgenza e reclami.
Novembre 2024: ottenuta la relazione sanitaria che riconosceva i quattro requisiti stabiliti (patologia irreversibile, sofferenze intollerabili, capacità di decidere, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale); diventava la prima persona in Umbria e la nona in Italia ad acquisire tale diritto.
Giugno 2025: conferma del protocollo farmacologico e del parere del Comitato Etico, con indicazione delle modalità per l’auto‑somministrazione.
La procedura si è svolta in modo assistito, con personale volontario medico-infermieristico presente al momento dell’assunzione.
Laura Santi ha voluto che la sua scelta diventasse simbolo di libertà individuale e dignità:
“La vita è degna di essere vissuta, se uno lo vuole … ma dobbiamo essere noi che viviamo questa sofferenza estrema a decidere e nessun altro.
E ancora: “Io sto per morire … mi porto di là sorrisi … vi prego: ricordatemi … non vi rassegnate mai”.
Con queste parole, ha chiesto di lasciare un lascito di speranza e forza per chi affronta malattie simili, invitando a continuare la battaglia per i diritti civili.
Il suicidio assistito in Italia è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242/2019, che ha delineato requisiti rigorosi per l’accesso: patologia grave e irreversibile, sofferenze intollerabili, capacità di scelta autonoma e supporto vitale necessario.
Tuttavia, il Parlamento non ha ancora emanato una legge che disciplini in modo definitivo la materia (aggiornamento a febbraio 2025). Alcune regioni, come la Toscana, hanno già varato leggi organizzative per applicare le sentenze della Corte.
L’Associazione Luca Coscioni, ispirandosi all’eredità di Piergiorgio Welby, continua nel suo impegno per il riconoscimento legislativo dei diritti del fine vita.
La morte di Laura Santi nella sua casa di Perugia rappresenta un capitolo doloroso ma significativo nella storia del suicidio assistito in Italia. Dopo anni di lotta, ha potuto porre fine alla sua vita con dignità, seguendo le norme stabilite.
Il suo caso solleva interrogativi cruciali:
Norme incompiute: senza una legge nazionale chiara, il percorso resta frammentato e lento.
Diritto soggettivo vs attuazione pratica: riconoscere un diritto è un conto, attuarlo è un altro.
Centralità del paziente: Laura ha affermato con forza che la sofferenza estrema può essere gestita solo da chi la vive.
Il lascito di Laura Santi è una spinta verso l’urgenza di normative chiare e una riflessione civile matura sul fine vita. La sua vita e la sua scelta restano un’esortazione a onorare la libertà individuale, la compassione e l’ascolto nelle scelte più difficili della vita.