Nell’ultimo anno 61 conflitti attivi, 233mila persone uccise in episodi di violenza armata e più di 123 milioni costrette a fuggire

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AgenPress. Nell’ultimo anno il mondo ha assistito a un drammatico aumento di crisi armate che hanno determinato uno spiccato aumento del bisogno umanitario: l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP) ha contato 61 conflitti attivi con la partecipazione di almeno uno Stato, il dato più elevato dal 1946. Si stima che nel solo 2024 siano state uccise almeno 233.000 persone in episodi di violenza armata (mediamente, 638 vittime al giorno, una ogni due minuti) e che ci siano stati più di 123 milioni di sfollati a causa di persecuzioni, conflitti armati, violenze, violazioni dei diritti umani e altri eventi che minacciano gravemente la sicurezza pubblica.

Il drammatico scenario è stato descritto in occasione della decima edizione dell’appuntamento “COOPI Cascina Aperta”, nell’ambito del quale è stato presentato il Bilancio sociale 2024 della storica organizzazione umanitaria milanese, che ha appena raggiunto l’importante traguardo di 60 anni di attività.

«Nell’anno in corso – ha spiegato il presidente di COOPI – Cooperazione Internazionale, Claudio Ceravolo – sono 305 milioni le persone che, in tutto il mondo, sono in condizioni di necessità di assistenza umanitaria e protezione, ma spesso restano inascoltate, se non del tutto dimenticate». «Oltre ai gravissimi conflitti a Gaza e in Ucraina – prosegue – esistono molte altre aree del pianeta in cui la violenza e le crisi umanitarie sono molto intense, ma rimangono totalmente nell’ombra».

È il caso dell’Africa meridionale ed orientale, che ospitano il maggior numero di persone bisognose (circa 85 milioni), quasi un terzo del totale a livello mondiale, con la crisi in Sudan che rappresenta il 35% del totale della regione.

«Con COOPI da 60 anni siamo al fianco delle popolazioni colpite dalle crisi umanitarie, anche quelle ‘invisibili’ – sottolinea Ennio Miccoli, Direttore dell’organizzazione umanitaria – Dal 1965 il nostro lavoro ha coinvolto 130 milioni di persone, con più di 3mila progetti in 70 diversi Paesi, e l’impiego di 5.600 operatori espatriati e 70mila operatori locali. I progetti realizzati da COOPI hanno sempre rappresentato, e continuano a rappresentare, gli “attrezzi del mestiere” – continua – La nostra indole concreta è ciò che permette all’organizzazione di accompagnare le persone, di supportarle e di collaborare con loro. Realizzare progetti in così tanti Paesi è significativo per questa ragione: generare, progetto dopo progetto, un impatto positivo sempre maggiore e per un numero via via crescente di persone e di comunità». «L’ultimo anno – aggiunge il direttore di COOPI – è stato particolarmente difficile e, nel tracciare un quadro della complessità che dobbiamo gestire, non possiamo non citare anche la riduzione dei fondi pubblici, in particolare, per gli aiuti umanitari: nel 2024 si è verificata una contrazione significativa e la tendenza negativa è continuata nel 2025 e si preannuncia di proporzioni preoccupanti anche per il 2026. Nonostante ciò, abbiamo proseguito le nostre attività di aiuto umanitario in numerosi territori: tra questi, ci hanno visti fortemente impegnati il Sudan, la Siria, il Libano, la Repubblica Democratica del Congo e il Venezuela, Paesi colpiti da gravi emergenze in cui, in molti casi, abbiamo dato risposta a bisogni urgenti in termini di sicurezza nutrizionale e protezione dei più fragili». «In un contesto internazionale caratterizzato da un numero crescente di guerre e crisi complesse, per le organizzazioni umanitarie sarà sempre più importante avere la capacità di gestire le emergenze. Per questo – conclude Miccoli – sarà centrale lo sviluppo dell’operatività e l’efficacia nel campo degli aiuti umanitari. È in questa direzione che COOPI ha avviato da tempo un processo di ‘localizzazione’ delle attività, che prevede un maggiore protagonismo delle organizzazioni non governative locali nei vari Paesi di intervento».

 

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