AgenPress. Un quadro giuridico europeo più solido ci consentirà di mettere a riparo iniziative nazionali di grande importanza, come i centri in Albania, da pronunce ideologiche di una certa magistratura politicizzata che ne hanno bloccato l’attuazione, ostacolando l’azione di contrasto, da parte del Governo, all’immigrazione illegale di massa. La normativa italiana è stata disapplicata interpretando in modo forzato quella europea. Ebbene, stiamo risolvendo, intervenendo direttamente sulla normativa europea.
Come ho già avuto modo di dire: il modello Albania, a cui molti altri Paesi europei guardano con grande interesse, funzionerà e sono convinta che ci aiuterà concretamente a ridurre ulteriormente i flussi irregolari e a esercitare quella deterrenza necessaria all’interno di una politica multidimensionale di contrasto alla tratta di esseri umani. Piaccia o no alla sinistra, di ogni ordine e grado.
Di lotta al traffico di migranti abbiamo parlato anche lo scorso 10 dicembre, in occasione del Vertice della Coalizione Globale contro il traffico di migranti di Bruxelles dove oltre 50, tra Nazioni e Organizzazioni Internazionali, hanno concordato di lavorare insieme su tre pilastri fondamentali: la prevenzione, anche attraverso campagne on-line mirate; il contrasto – inclusa la possibile istituzione di un nuovo e specifico regime sanzionatorio UE – e le alternative all’immigrazione illegale.
Un ulteriore ambito su cui l’Italia ha fatto da apripista. Mi piace condividerlo con voi: è la riflessione sulla capacità delle Convenzioni internazionali, scritte molti decenni or sono, di affrontare le sfide della moderna migrazione irregolare e della sicurezza.
L’appello lanciato insieme alla Danimarca ha man mano raccolto adesioni, fino ad arrivare, pochi giorni fa, ad una dichiarazione politica, che fa seguito alla lettera aperta dello scorso maggio, sottoscritta da 27 Stati Membri del Consiglio d’Europa, cioè dalla maggioranza dei suoi Paesi membri. Questo amplissimo sostegno, ci ha ora consentito di avviare, in piena collaborazione con il Segretario Generale dello stesso Consiglio d’Europa, un processo che dovrebbe portare ad una applicazione della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo più efficace e più in linea con il contesto attuale.
Quando io e il Primo Ministro socialista Mette Friedriksen abbiamo lanciato questa iniziativa, per molti era considerata quasi uno scandalo. Ma io penso che non si debba mai temere di porre questioni di buon senso, perché se sono di buon senso altri seguiranno. Questa iniziativa, ancora una volta, lo ha dimostrato ampiamente.
