Famiglia, Scuola e Politica: i tre protagonisti contro il razzismo e l’odio

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Su Interris.it, Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, affronta il tema del razzismo e dell’odio


Agenpress. “I can’t breathe”, “Non riesco a respirare”. Sarebbero queste le parole pronunciate da George Floyd poco prima di morire. Una morte che ha scatenato, proteste e violenze in tutti gli Stati Uniti. Questi avvenimenti evidenziano come l’umanità è continuamente sotto lo scacco della rivalità, del fare fuori l’altro. Lo stesso Papa Francesco ha parlato di “peccato di razzismo”, non solo un problema tra bianchi e neri, ma tra umani. Caino e Abele erano fratelli eppure tra loro c’era dell’odio. E’ una delle delle caratteristiche che si possono annidare nel cuore dell’essere umano. L’uomo è capace di fare del bene, di donarsi, quanto di uccidere l’altro. Le classi sociali, le varie etnie devono scoprirsi come fratelli, come parte di un’unica umanità. Fino a quando non si lavorerà sul ritenersi figli di uno stesso Padre, ci saranno queste forme di violenza e razzismo che sono inconcepibili.

In ogni Paese, anche se nella sua sostanza è tollerante e ha una capacità di convivenza, come penso sia l’Italia, ci sono delle frange estremiste, ignoranti e violenti, che attaccano le parti più deboli e fragili. Bisogna riconoscere che fa più rumore un albero che cade che una foreste che cresce, quest’ultima identificabile con i popoli che sanno convivere. 

Bisogna partire dalla scuola, uno snodo importantissimo del vivere civile. Sono molto importanti anche l’educazione che si riceve in famiglia e le scelte politiche. Scuola, famiglia e politica possono orientare molto sulla capacità di educarsi. Anche la formazione spirituale che la Chiesa propone, fin dalla tenera età, ai bambini può collaborare a un bene comune che sia rispettoso, degno della convivenza civile e sociale. La scuola è un luogo importantissimo che ha la capacità di valorizzare le differenze, le varie culture e tradizioni, sempre nel rispetto reciproco di una collaborazione non violenta e costruttiva.

Il cristiano nella società dovrebbe essere come il lievito nel pane, come la lampada che viene messa sul monte o sul soffitto per illuminare tutta la stanza. Come diceva don Bosco, il cristiano deve essere un buon cittadino, deve sapersi inserire nel vivere comune delle persone semplici, deve sapersi inserire in tutti gli ambiti sociali di lavoro e portare il suo contributo con competenza, collaborazione, mettendo il bene comune al di sopra di tutto, avendo quella visione ampia che arriva dal Vangelo e dalla Dottrina Sociale della Chiesa, deve costruire ponti e riconciliazioni. Il cristiano deve tenere a mente quello che ha detto Papa Francesco, cioè che la violenza è distruttiva e autolesionista. Nulla si guadagna con la violenza, tutto si perde con gli odi e con le guerre.

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