Zona rossa Alzano e Nembro. Decine di militari aspettarono un ordine che non arrivò mai

Agenpress –  “Noi abbiamo sollevato l’attenzione sulle aree dove c’erano il numero maggiore di casi e sono state fatte, con una tempistica stringente e non perdendo assolutamente tempo, tutte le analisi che hanno permesso al decisore politico di fare le scelte del caso”. Lo ha detto  Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità,  in riferimento alla mancata chiusura delle aree di Alzano e Nembro.

E se Conte si dice “tranquillo” quello che emerge – anche a detta della pm di Bergamo Maria Cristina Rota – è che a decidere l’istituzione della zona rossa nella Bergamasca spettava al governo. I ritardi colpevoli e fatali dunque sono da attribuire a Palazzo Chigi e non alla Regione Lombardia. Mentre procedono le indagini per epidemia colposa – anche il ministro della Salute Roberto Speranza e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sono coinvolti nell’inchiesta come persone informate dei fatti – diversi giornali ricostruiscono cosa è accaduto in quei giorni decisivi tra fine febbraio e inizio marzo e fanno luce sul fatto che il governo non si è mosso in tempo.

La sera del 5 marzo al Palace Hotel di Verdellino (alle porte di Bergamo) arrivano 100 carabinieri da Milano, pronti per intervenire. A due chilometri di distanza, al Continental di Osio Sotto, sono arrivati 100 agenti di polizia. Poi arrivano 80 militari dell’Esercito, e altri 50 agenti della Guardia di finanza. Ma l’ordine di istituire la zona rossa non arriva. E il 6 marzo le forze dell’ordine e i militari tornano indietro. Alzano Lombardo e Nembro diventeranno zona rossa soltanto 4 giorni dopo, il 9 marzo, con il decreto del presidente del Consiglio che la estende a tutta la Lombardia e fa di tutta Italia “zona protetta”.

 

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