La partita tra declino irrecuperabile e rilancio (possibile) del Paese si gioca se il Governo mette in campo gli uomini migliori per competenza ed esperienza e tronca il “furto” di spesa pubblica operato da dieci anni nella Conferenza Stato-Regioni che ha tolto lo sviluppo al Sud e “regalato” l’assistenzialismo al Nord. Il riequilibrio della spesa sociale e infrastrutturale non è più rinviabile nell’interesse di tutta l’Italia. Che cosa impedisce a Bonaccini di attuare la legge Calderoli varando i fondi di perequazione sociale e infrastrutturale?
AgenPress. Domanda semplice semplice: perché il Presidente della Conferenza Stato-Regioni, Stefano Bonaccini, non adempie ai suoi doveri costituzionali e vara i fondi di perequazione sociale e infrastrutturale che la legge Calderoli sul federalismo fiscale chiede alle Regioni di porre in essere dal 2009? Si può continuare così sfacciatamente a violare i diritti di cittadinanza delle donne e degli uomini del Sud nella sanità e nella scuola arrivando a aumentare, non diminuire, le diseguaglianze come ha giustamente ricordato il Capo dello Stato? Perché non lo chiedono, anzi lo pretendono, i governatori delle Regioni del Mezzogiorno? Che cosa aspettano a rivolgersi questi ultimi tutti insieme alla Corte costituzionale per chiedere il risarcimento dell’esproprio illegale dei diritti subito dai loro cittadini negli ultimi dieci anni e per sanare la situazione presente e futura nell’interesse generale dell’economia e della società italiana?
Ma come si permette il presidente della Regione Emilia-Romagna, insieme alla Lombardia, quella più indebitamente foraggiata dal bilancio pubblico italiano, di sottrarsi ai suoi doveri costituzionali in presenza dell’evidentissimo conflitto di interessi che è quello di proteggere la posizione di privilegiata rendita che lo status quo attribuisce alla sua Regione e alle altre Regioni del Nord grazie al criterio squilibrato e incostituzionale della spesa storica?
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