Aperture anticipate della caccia ai primi di settembre: ancora un malcostume per molte Regioni

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AgenPress. Nonostante l’apertura generale della stagione venatoria sia prevista per la terza domenica di settembre (quest’anno il giorno 20/9/2020), anche quest’anno assisteremo ad una pletora di Regioni che si avvalgono della possibilità di far partire in deroga la caccia ad alcune specie già ai primi di settembre.

Si tratta di:

Basilicata

Calabria

Friuli

Lazio

Lombardia

Marche

Piemonte

Puglia

Sicilia

Umbria

Toscana

Veneto

Un malcostume, a parere della Lega per l’Abolizione della Caccia (LAC), che produrrà disturbo anche alle specie protette, agli esemplari in età giovanile  o la cui apertura della caccia è prevista per le settimane successive, così come interferenze con le attività turistiche o l’intralcio alla fruizione in modo incruento degli spazi rurali.

Le cosiddette “pre-aperture” , nelle giornate tra il 2 ed il 19 settembre, hanno (con date e specie in modo differenziato, da regione a regione)  come target specie come la tortora selvatica (in difficoltà di conservazione a livello europeo), alcuni corvidi, il colombaccio, la quaglia, alcune anatre selvatiche, il merlo, il coniglio selvatico.

La LAC, da sola o insieme con altre associazioni ambientaliste, ha promosso vari ricorsi al TAR per tentare di ottenere i rispetto dei suggerimenti, previsti dalla legge, formulati dall’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). La Regione Liguria è già stata sconfitta in tribunale su numerosi punti. Ora si attende l’esito di una richiesta di sospensiva di parti di calendario venatorio del Veneto formulata al TAR di Venezia.

Sempre grave la mancata attuazione del Piano nazionale di contrasto al bracconaggio, approvato nel 2017 dalla Conferenza Stato-regioni su input di una procedura di inchiesta (EU-Pilot) della Commissione UE;   Ministro dell’Ambiente e Regioni latitano sul rispetto dell’impegno di ripristinare gli organici del personale pubblico di vigilanza venatoria  in capo ad ogni Polizia Provinciale, falcidiati dalla arraffazzonata riforma delle Province del 2014 e soprattutto dal successivo Decreto-Legge enti territoriali 78/2015.

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