Il Sud continua a essere abolito dalla spesa pubblica produttiva. La stima di crescita obbligata che consente di fare scendere il debito espone tassi di sviluppo che se vai indietro negli ultimi venti anni di storia italiana fai fatica a trovarli. È appesa al nulla perché non c’è un programma di investimenti, non si sa chi decide e chi li fa. E se scattano i progetti panchina sono tutti al Nord. Sulla rete digitale siamo finiti in un pantano senza precedenti dove di tutto ci si occupa meno che di quello che serve. Il presidente Conte ha la rotta giusta e può ancora farcela ma a patto che spariscano gli elenchi di balle della De Micheli e che prenda lui in mano la regia della politica economica
AgenPress. Il Mezzogiorno continua a essere abolito dalla spesa pubblica produttiva e la sua classe dirigente continua a stare zitta preferendo ognuno trattare qualche briciola per sé e non tutti insieme esigere il molto di più dovuto non a ognuno di loro ma a tutti. Il miope egoismo dei potentati regionali del Nord e la rassegnazione incapace degli sceriffi del Sud allarga il solco del divario interno italiano. Adesso il re è nudo.
La tabellina della “verità” uscirà ufficialmente lunedì ma il più ineffabile dei ministri dell’economia della storia recente, si chiama Roberto Gualtieri, la sta già facendo circolare a mani basse. Per potere scrivere nella tabellina che nel 2022 e nel 2023 il debito pubblico italiano comincerà a scendere si favoleggia di 45 miliardi di extra prodotto interno lordo e di investimenti pubblici che raddoppiano dal 2 al 4%.
D’altro canto solo così possiamo fare una tabella così bella perché solo questa fortissima crescita potrà fare scendere già dal 2022 il debito e ancora un po’ di più l’anno dopo e, quindi, scriviamo che avremo una crescita reale nel 2021 del 6%, nel 2022 del 3,8% e nel 2023 del 2,5%.
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