Carceri Lazio – Aggressioni oltre al Covid sulle spalle della Polizia Penitenziaria

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AgenPress. Inutile inviare note sindacali e fare appelli, tanto non sembra interessare nessuno seppur in questi ultimi giorni il dramma delle carceri del Lazio è tutta sulle spalle della Polizia Penitenziaria che deve intervenire nei confronti di soggetti psichiatrici sempre più presenti nei penitenziari così come i casi COVID che aumentano a dismisura in quasi tutte le sedi del Lazio su tutte Frosinone, Rieti, Rebibbia, Velletri, Regina Coeli, Latina.

Detenuti psichiatrici che riescono a impadronirsi di sbarre di ferro (Rebibbia) staccate dalle cornici di una finestra cercando di aggredire gli agenti in servizio o altro (Regina Coeli) che al rientro dal passeggio cerca di non rientrare aggrappandosi al cancello, sputando in faccia a chi cerca di dissuadere l’atto per poi colpire con pugni nei confronti degli stessi con prognosi al malcapitato agente.

Tanti altri casi più o meno simili investono tutti gli istituti penitenziari della regione è impongono continui spostamenti da istituti a istituti per una gestione complicatissima da parte della Polizia Penitenziaria nonché degli operatori pedagogici, sanitari ecc. che alla fine non avendo strumenti di contenimento è in assenza di dialogo diventano soggetti “indomabili”.

Una situazione che inizia ad avere connotati gravi a discapito del Personale di Polizia Penitenziaria che diventano i primi a subire le loro aggressioni verbali ma anche fisiche con aggressioni usando anche lo sputo o dopo aver spaccato suppellettili come ad esempio a Viterbo qualche giorno fa da parte di un detenuto italiano con problemi simili lanciati addosso agli agenti di sezione provocando anche allagamento della sezione con altri detenuti presenti.

L’USPP Lazio non può che evidenziare che a questi soggetti nulla intimorisce nemmeno un eventuale procedimento disciplinare perché per qualcuno ad esempio punta a ottenere l’infermità mentale sorretti da continui referti che alla fine attestano queste loro condizioni di saluti.

Dovrebbero stare reclusi nelle cosiddette REMS che però non garantiscono più di 600 posti di cui circa 80 solo nella regione Lazio dove di fatto esiste una lunga lista di attesa.

Quindi ai casi COVID ben presenti (28 agenti, 36 detenuti) bisognerebbe contare i centinaia di casi di grandissima sorveglianza o sorveglianza a vista che rappresentano le difficoltà sopra rappresentate.

USPP Lazio ha chiesto già con nota di qualche giorno fa al Provveditore interregionale un incontro che a oggi non abbiamo alcun riscontro. Il vaso è colmo e le conseguenze possibili sono già in atto, tutto sulle spalle della Polizia Penitenziaria e degli operatori penitenziari.

 

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