AgenPress. Non servirà un dibattimento, inutile ascoltare oltre mille testimoni – indicati in buona parte dalla Procura della Repubblica di Catanzaro – e attendere la perizia sulle intercettazioni; superflue le domande e le discussioni dei difensori, così come tutta l’impalcatura processuale sancita nel codice di rito.
Non occorreva l’indovino Tiresia (secondo la mitologia greca reso cieco dagli Dei affinché non profetizzasse argomenti “segreti”) per immaginare quello che sarebbe avvenuto da lì a poco nella trasmissione televisiva del servizio pubblico “presa diretta”: il processo Rinascita Scott è stato celebrato dalla Tv di Stato (Rai Tre) con la condanna anticipata di tutti gli imputati.
L’attacco scriteriato e indiscriminato alla presunzione d’innocenza e ai principi costituzionali del giusto processo non ci sorprende più e, ancor di meno, ci meraviglia che il tribunale del popolo, imbastito abilmente dall’inchiesta giornalistica, si sia espresso per mezzo della televisione pubblica.
Attraverso la capziosa e partigiana rappresentazione di un processo – che solo sulla carta deve ancora celebrarsi – è stata rivendicata la necessità che gli “orpelli” del diritto processuale penale siano smantellati attraverso una scenografica rappresentazione delle istanze punitive della pubblica accusa.
Le camere penali calabresi avevano avvertito e denunciato il rischio che la diffusa delegittimazione della funzione difensiva – frutto dell’abusata assimilazione tra l’avvocato e le ragioni del proprio assistito – risultasse “plasticamente” raffigurata dalla “colossale” macchina giudiziaria messa in piedi dalla Procura di Catanzaro, senza alcuna tutela per le istanze a presidio delle libertà individuali. Si è già detto: ”emerge lampante come un processo elefantiaco a carico di 480 imputati si risolva “fisiologicamente” (sia consentito l’ossimoro) in un rito sommario nei confronti di “categorie criminologiche” assistite dalla presunzione di colpevolezza. Il resto è teatralità”.
Da avvocati penalisti abbiamo il dovere di resistere alle barbarie del processo virtuale, mediatico, anticipato, capace di condizionare non solo l’opinione pubblica, ma soprattutto i giudici che compongono il Tribunale del processo Rinascita Scott.
Avevamo paventato – a ragione – che la spettacolarizzazione dell’inchiesta potesse nuocere alla dignità e alle sorti processuali dei soggetti coinvolti.
Oggi si ha la certezza che la sovraesposizione degli atti d’indagine, interpretati come nelle migliori fiction dai loro stessi protagonisti, verranno valutate come prove della responsabilità penale dei singoli.
Violando la riservatezza e la salvaguardia della “verginità” cognitiva dei giudici, sono stati escussi testimoni, riprodotte intercettazioni (senza il filtro del perito), divulgate immagini, esibiti atti ripetibili d’indagini, il tutto nell’assenza assoluta di un valido contraddittorio. A chi interessa (non si è fatto minimo accenno nella trasmissione) se buona parte (circa 200) delle misure cautelari applicate siano state successivamente censurate nelle sedi giudiziarie del gravame.
Sotto lo scudo del diritto di cronaca si è materializzato un attacco cruento ai principi cardinali del sistema penale, le informazioni somministrate senza il filtro di un interlocutore capace di offrirne un’analisi corretta all’opinione pubblica.
La libertà personale, la tutela dell’immagine, la difesa della dignità dei soggetti inquisiti, il diritto a un equo e giusto processo, tutti sacrificati sull’altare di un giustizialismo propagandistico e inquisitorio, degno di una TV di regime.
Assistiamo, oramai assuefatti, all’abuso costante del diritto-dovere di informare da parte dei media, i quali, pur di perseguire l’audience e il successo editoriale, prestano il fianco alle logiche di un potere illimitato nelle mani di un tiranno che tratta i propri cittadini come sudditi.
Una sorta di realtà “parallela” frutto sapiente di una sceneggiatura montata ad arte dalla testata giornalistica pubblica.
Il grido di dolore delle camere penali calabresi è ben condensato nelle sapienti parole che il Guardasigilli ha pronunciando solo due giorni fa in commissione giustizia alla Camera dei Deputati e con le quali il Ministro Marta Cartabia ha riaffermato, a questo punto anche lei inutilmente, il “no” al processo mediatico, denunciando “la sponda” che gli inquirenti cercano sui media per amplificare la forza delle accuse.
Ed allora, i giudici saranno chiamati a valutare fatti già accertati, a giudicare soggetti già condannati, a valutare prove già assunte.
L’uso distorto del diritto d’informazione, l’annientamento delle garanzie processuali, la violazione sistematica del diritto di difesa, non indeboliscono, ma all’opposto rafforzano la criminalità organizzata, amplificando logiche e spinte antistatali che trovano nuova linfa nell’animo di coloro che non credono più che l’imputato abbia il diritto di difendersi nel processo e nel rispetto delle regole.
Le Camere Penali Calabresi, nel ribadire il momento drammatico che l’esercizio del diritto di difesa vive sul proprio territorio, propongono alla Giunta di voler proclamare lo stato di agitazione dell’avvocatura penalista, accompagnata da iniziative di carattere politico sull’intero territorio nazionale.
Camera Penale “V. Silipigni” di Palmi Il Presidente
Avv. Armando Veneto
Camera Penale “G. Sardiello ” di Reggio Calabria Il Presidente
Avv. Pasquale Foti
Camera Penale “G. Simonetti” di Locri Il Presidente
Avv. Eugenio Minniti
Camera Penale “A. Cantàfora ” di Catanzaro Il Presidente
Avv. Valerio Murgano
Camera Penale “F. Gullo” di Cosenza Il Presidente
Avv. Pietro Perugini
Camera Penale “E. Donadio” di Castrovillari Il Presidente
Avv. Liborio Bellusci
Camera Penale “F. Casuscelli” di Vibo Valentia Il Presidente
Avv. Giuseppe Mario Aloi
Camera Penale “G. Scola” di Crotone Il Presidente
Avv. Romualdo Truncè
Camera Penale “E. Lo Giudice” di Paola Il Presidente
Avv. Massimo Zicarelli
Camera Penale di Lamezia Terme Il Presidente
Avv. Giuseppe Zofrea
Camera Penale di Rossano Il Presidente
Avv. Giovanni Zagarese