AgenPress. Caro direttore,
Giuseppe Lorizio, commentando il manifesto della Lega “Credo” (Avvenire del 14 agosto), ha posto una distinzione fra due forme del credere: un credere “forte”, che si può rivolgere unicamente ad un “Chi”, ovvero a Dio creatore, e un credere “debole” in progetti, intenzioni, principi e valori. Io preferisco parlare invece di un credere teologico, che per un liberale e democratico può esprimersi, se credente, solo verso la divinità, e un credere laico.
Credere, nella lingua italiana, significa “ritenere vera una cosa”, insomma essere persuasi della sua verità. Persuasione a cui si arriva per esperienza o per ragione non per rivelazione. E qui sta la differenza fra il credo religioso e quello laico. Come si afferma chiaramente nel manifesto, si è in presenza di un atto di fede laica, non in un “Chi”, ma in un “qualcosa”.
Sgombrato dunque il campo da ogni possibile confusione, i passaggi decisivi sono a mio avviso due. Innanzitutto il recupero, ragionato ed esperienziale, di certezze. In una società liquida, sfiduciata, corrosa di relativismo, e infine sempre negativa, è importante tornare a “credere” in qualcosa. È insieme l’ottimismo della ragione e della volontà. Credere è dunque l’opposto di dubitare.
È voglia di fare, di costruire, di operare per ridare coesione alla nostra società, per rilanciare l’Italia, partendo da valori chiari, sentiti, vissuti concretamente. E allora il punto decisivo è capire se si condividono i valori a cui ci si affida per ricostruire una res publica.
E qui non posso che citare alcuni passaggi a mio avviso decisivi del nostro manifesto:
“Credo nella bella politica e nel bello della democrazia, credo nella libertà, nella giustizia sociale, e nel merito, credo che la persona venga sempre prima dello Stato, credo che tutti gli Italiani vadano tutelati a partire dai più fragili, credo nel valore del rispetto e dei doveri che danno senso ai diritti, nella giustizia giusta, in una sanità che non lascia indietro nessuno, in una scuola che prepari davvero al lavoro, in pensioni dignitose, nella difesa dell’Italia: l’immigrazione è positiva quando è legale e controllata, e milioni di donne e di uomini stranieri che vivono in Italia e arricchiscono le nostre comunità ne sono un esempio”. Ovviamente questi valori vanno poi vissuti coerentemente. Aggiungo: credo nel valore della vita, da preservare dall’inizio alla fine.
Credo nel ruolo fondamentale dei Centri di Aiuto alla Vita, che da decenni in tutta Italia aiutano ragazze e donne a diventare mamme; credo nella lotta a ogni genere di droga; credo nel ruolo fondamentale di associazioni, parrocchie e comunità locali (dove governiamo cerchiamo di sostenere queste realtà in ogni maniera possibile).
Se il relativismo ha contribuito a corrodere la società occidentale, ritornare ad avere fiducia in valori e obiettivi alti è a mio avviso il presupposto per la rinascita del nostro Paese. Ed è questa la sfida che deve coinvolgere credenti e non credenti: riconoscersi in un sistema di valori condiviso per recuperare quel senso di unità fra i consociati, nel segno del primato della persona umana, abbandonando la “brutta” politica fatta di odio, maldicenza, sospetti, insinuazioni, insulti.
Una politica che riparta, in definitiva, da un gesto di fiducia, ovvero un atto laico di fede: credere nel prossimo e nel nostro Paese.