AgenPress. All’avvicinarsi del 25 aprile ritornano le solite scaramucce che non hanno il “rango” di un confronto serio che la data esigerebbe. Il giorno della liberazione si dice è “divisivo”. La lotta partigiana è una pagina stupenda della storia patria. Dopo la infame dittatura e la tragedia della guerra: uomini, donne e giovani presero le armi per porre fine all’occupazione nazi fascista.
Non furono moltissimi quelli che combatterono e andarono in montagna ma furono dei coraggiosi: radici su cui germogliarono le libertà civili che apparivano definitivamente perse. Sappiamo degli episodi di violenza da parte di formazioni partigiane rosse nei confronti di quelle cattoliche e di violenze consumate anche dopo il 25 aprile del 1945.
Senza la Resistenza la collocazione dell’Italia nel consesso internazionale sarebbe stata estremamente problematica. Il cammino verso la libertà si consolidò con la vittoria della D.C. di De Gasperi e dei suoi alleati il 18 Aprile del 1948. Senza quel 18 aprile il sacrificio di tanti sarebbe stato vano e le prospettive democratiche irrimediabilmente compromesse.
È possibile che vi siano ancora alcune enclavi asserragliate nella ridotta di una nostalgia anacronistica? Una seria riflessione sul 25 aprile non si fa. Predominano retorica e luoghi comuni, insulsaggini e vuoti micidiali.
Si riesce oggi a vivere diversamente questo 25 aprile e il tempo a seguire? Si, ma è necessario chiedersi se oggi l’Italia è libera? Io ritengo di no. Celebriamo la liberazione dopo aver disperso gran parte del patrimonio della Resistenza.
Il modo migliore per ricordare è convincersi che bisogna lottare con la forza delle idee per riconquistare gli spazi perduti di libertà. Valori dispersi dalla rivoluzione antidemocratica di alcune procure ispirate dalla sinistra post comunista, che ha messo in crisi i partiti, svuotato la politica, disseminato il territorio di signorie.
Un Parlamento di nominati, una rete di sovrastrutture come le autorità indipendenti (da chi?} che agiscono senza controllo alcuno, una burocrazia che gestisce le procedure, senza una catena di controllo della responsabilità, con il piglio della sopraffazione nei confronti dei cittadini, una magistratura espressione del malessere del Paese, intoccabile e incontrollabile, i sindacati e le associazioni di categorie risucchiate da un sistema che li alimenta.
Un quadro desolante dove la politica ha perso il primato e le istituzioni soffrono la crisi della partecipazione e della rappresentanza. Ci sono i poteri forti che danno gli orientamenti che condizionano le istituzioni. Non credo che ci sia qualcuno che è convinto che siano il Parlamento e il governo il cuore delle decisioni.
La criminalità prolifera ricchezze: sia quella conosciuta sia quella insospettabile che si annida negli interstizi del sistema Paese.
Cogliamo questi giorni per intraprendere il percorso di un’altra liberazione. Ma ci vuole coraggio e solidarietà. Per trovarli basta leggere alcune lettere di partigiani in punto di morte alle loro famiglie.
Uomini coraggiosi, martiri per la libertà e l’amore per l’Italia, Quelle pagine di storia non meritano di essere smentite dagli egoismi, dal cinismo e dalla viltà di oggi che hanno offuscato i valori: autentici giacimenti di umanità e giustizia.
Mario Tassone