AgenPress – Maria Chindamo, l’imprenditrice di 42 anni scomparsa a Limbadi (Vibo Valentia) il 6 maggio del 2016 è stata uccisa ed il suo cadavere dato in pasto ai maiali.
É quanto é emerso dall’inchiesta “Maestrale-Carthago”, condotta dalla Dda di Catanzaro, di cui oggi é stata condotta una seconda “tranche” con l’arresto di 81 persone da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia. Ad uccidere Maria Chindamo, il cui corpo fu fatto sparire dandolo in pasto ai maiali, sarebbe stato, secondo le rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, Salvatore Ascone, di 57 anni, arrestato nel blitz di oggi dei carabinieri.
Ascone avrebbe commesso l’omicidio insieme ad altre due persone, una delle quali era all’epoca minorenne mentre l’altra è nel frattempo deceduta. L’assassinio di Maria Chindamo sarebbe stata uccisa nell’ambito di uno “specifico interesse del clan Mancuso all’acquisizione dei terreni” della donna, “circostanze che unite insieme costituiranno proprio la base in cui è maturato l’omicidio di quest’ultima”.
Nel decreto di fermo, gli inquirenti riportano le parole di tre collaboratori di giustizia: Emanuele Mancuso, Andrea Mantella e Antonino Belnome, che contribuiscono “a fare chiarezza sulla figura di Salvatore Ascone”, sul contesto criminale della zona ed anche sullo “specifico interesse della famiglia Mancuso nell’acquisizione dei terreni di Maria Chindamo”. Inoltre viene riportata la circostanza che il marito della donna, Ferdinando Punturiero – morto suicida l’8 maggio 2015 – aveva segnalato a un carabiniere che il vicino di terreno, Ascone, aveva chiesto l’utilizzo di una stradina interpoderale che passava sui loro terreni – dei Chindamo-Punturiero – per raggiungere il fondo posto alle spalle degli stessi. Dall’inchiesta Maestrale-Carthago è emerso l’inserimento di Ascone “nella struttura criminale presente a Limbadi in cui opera da tempo la cosca Mancuso e la porzione di territorio della località Montalto e limitrofe è oggetto di una coesistenza di interessi delle strutture criminali operanti sia a Limbadi (Mancuso) sia a Rosarno (Bellocco-Cacciola)”.
All’uomo, secondo quanto riferito dal pentito Emanuele Mancuso, nipote di Diego e figlio di Pantaleone Mancuso alias “l’ingegnere”, sarebbe stato affidato il controllo criminale della località “Montalto” dove lo stesso si sarebbe occupato di acquisire “i proventi estorsivi dalle compravendite dei terreni e di gestire con metodologie mafiose quella porzione di territorio nonché i rapporti con i relativi proprietari”.