AgenPress – “Il quadro indiziario fa pertanto risaltare come causa determinante dell’azione sia l’impulso lesivo, quello di provocare sofferenza e uccidere un essere umano, sino quasi a integrare il motivo futile, ossia il motivo meramente apparente e in realtà inesistente, che cela l’unico vero intento, che è quello di cagionare sofferenza e morte”. E’ quanto scrive il gip del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila, Roberto Ferrari, nel provvedimento di convalida del fermo dei due 16enni ritenuti responsabili dell’omicidio di Thomas Christopher Luciani avvenuto a Pescara domenica scorsa nel parco ‘Baden Powell’.
Inquietante la sequenza dopo l’omicidio, un selfie su una sdraio allo stabilimento “Croce del Sud” di Pescara. Sono le 18.21 di domenica, quando uno dei ragazzi indagati per il delitto se lo scatta: il problema che poco prima lo attanagliava, cioè il debito di Thomas, che gli doveva circa 240 euro più, pare, la restituzione di un altro prestito di 70 euro, è risolto. “Una questione di rispetto”, aveva detto agli amici.
Le foto in spiaggia sono negli atti della magistratura, insieme a tante altre che ripercorrono la domenica orribile di un gruppetto di sei amici e conoscenti, due dei quali uccidono, con ferocia, Luciani, al parco ‘Robert Baden Powell’ a Pescara. Per poi comprare 10 euro d’erba da fumare in spiaggia, come si legge nel decreto di fermo. E stipulare una sorta di ‘patto del silenzio: “Mentre camminavamo” uno degli indagati ha detto “che questo doveva rimanere tra noi cinque”, racconterà agli investigatori uno dei ragazzini presenti ai fatti.
Sono anche le immagini ricavate dalle telecamere di videosorveglianza della zona che ricostruiscono la vicenda e inchiodano gli indagati, oltre alle testimonianze raccolte: le “versioni rese da tutti i testimoni sono concordanti tra loro e con gli elementi oggettivi acquisiti (esame medico legale, telecamere di sorveglianza)”, si legge nel provvedimento firmato dal procuratore David Mancini e dalla sostituta Angela D’Egidio. Luciani è stato ammazzato, con “circa 25 colpi per mezzo di coltello e attinto in zone vitali del corpo, cagionandone al morte, arrecando sevizie ed operando con crudeltà agendo sul Luciani mediante calci e sputi mentre era riverso sul terreno esanime”.
“Devono ritenersi sussistenti le esigenze cautelari – si legge – tenuto conto della gravità dell’omicidio, che manifesta un’inclinazione oltremodo violenta degli indagati, di gran lunga eccedente il movente all’origine dell’aggressione, cosi da doversi ritenere che l’esazione del credito abbia solo attivato l’impulso criminale, recidendo poi ogni ulteriore nesso con l’obiettivo dell’incontro con il debitore”.
“Anche l’esecuzione del delitto conferma l’assoluta prevalenza dell’impulso omicida sugli stimoli collegati con lo scopo di lucro o con la punizione dell’inadempimento. A tali obiettivi pertinenti all’apparente movente, del resto, pare che” uno dei due ragazzi, ossia il figlio del carabiniere, “fosse estraneo: è inoltre priva di efficacia la sua partecipazione all’accoltellamento, poiché la situazione al momento del suo intervento mostrava con chiarezza la piena capacità del diretto interessato di portare a compimento l’opera senza il contributo di altri”.
Nel parco quella sera erano in 3, i due autori del delitto, più un altro ragazzo, un testimone, colui che più tardi, sconvolto, dopo aver visto la scena di sangue, tornerà dal padre e gli racconterà l’accaduto e farà scattare, alle 21.03, la macchina dei soccorsi e giudiziaria. “Uno – dice il teste – gli ha dato 15 coltellate” e l’altro “poi ha preso il coltello, con una lama nera, gliene ha date altre dieci. Io mi sono allontanato e sono andato dagli altri. Non ho reagito in alcun modo. Christopher faceva dei versi quasi morte e loro gli dicevano di stare zitto. Lui era a terra, con una gamba accavallata all’altra, ripiegato per terra, esposto ai colpi sul fianco destro. Ero allibito, non sapevo cosa fare, volevo fermarli ma non sapevo come fare. Mentre lo facevano sembrava che non ci stessero più con la testa. Ce ne siamo andati dall’entrata di destra. Me ne sono andato prima, mentre loro ancora lo stavano accoltellando. Sono uscito dal vicolo e sono andato dagli altri. A questo punto agli altri ho raccontato cosa era accaduto. Poi, dopo cinque minuti, sono usciti” i due indagati.
Uno dei testimoni ha raccontato che nessuno ha pensato “a chiamare nessuno, né polizia né ambulanza”. Una testimonianza che conferma come il gruppetto di 16enni, nonostante fosse a conoscenza dell’accaduto, abbia lasciato il parco, mentre il corpo di Thomas giaceva tra le sterpaglie, per andare al mare “in tranquillità”. Nelle sue dichiarazioni, il giovane ha sottolineato che, dopo i fatti, quando il testimone chiave “è tornato indietro, ci ha detto che li ragazzo era morto”.
Poi dalla vegetazione sono usciti i due 16enni ora sottoposti a fermo. A quel punto, ha aggiunto, “siamo andati in tranquillità al mare”. “Al mare hanno raccontato in sintesi quello che è successo. So che hanno dato delle coltellate. E’ questo quello che so”. Il ragazzo ha sottolineato anche che uno dei due giovani sottoposti a fermo “aveva una pistola. Me l’ha fatta vedere dopo che era finito tutto. Ce l’aveva in tasca. Non so come ce l’avesse. Mi ha detto che era scarica, senza colpi”. Un altro dei giovanissimi coinvolti, nella sua testimonianza, si è detto convinto che i due ragazzi ora sottoposti a fermo “si siano organizzati per questa cosa, per incontrare questo ragazzo”. Il testimone chiave, cioè il giovane che domenica sera, tornato a casa, ha fatto scoprire l’accaduto, tra le altre cose si è detto “sicuro” che Thomas “era morto, erano tante coltellate davanti a me. Ad esempio aveva avuto una coltellata all’addome, una coltellata alla gamba, dove ci sono le arterie”.