AgenPress – Sfruttavano braccianti agricoli prevalentemente di origine africana, impiegati nelle attività connesse alla coltivazione dei vigneti nel territorio piemontese delle Langhe, con questa accusa due cittadini di nazionalità marocchina e macedone sono finiti agli arresti domiciliari, mentre un altro, albanese, è destinatario di un divieto temporaneo di esercitare attività professionali. I provvedimenti sono stati eseguiti dalla polizia di Stato di Cuneo e la relativa ordinanza è stata emessa dal gip del Tribunale di Asti.
L’attività d’indagine ha avuto inizio lo scorso anno a seguito di alcune segnalazioni da parte di associazioni preposte alla tutela dei diritti delle persone e dei lavoratori che, mettevano in luce il reclutamento di manodopera allo scopo di impiegarla nelle vigne in condizioni di sfruttamento.
Le retribuzioni erano di circa 6 euro l’ora e gli orari di lavoro estenuanti. La sicurezza e l’igiene sul lavoro non venivano minimamente garantite e i lavoratori erano sottoposti a condizioni di impiego degradanti e di controllo a vista, con minacce di non essere pagati o allontanati.
A tutti gli indagati, è stata contestata l’aggravante di aver reclutato più di tre lavoratori e di aver utilizzato stranieri privi di permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno scaduto.
Alcuni lavoratori dopo essersi lamentati per le condizioni in cui versavano, sono stati puniti con violenti pestaggi; in un caso è stato utilizzato un tondino di ferro prelevato dal filare di sostegno di una vigna che ha dato il nome all’operazione.
All’operazione “Iron rod”, dal nome di un arnese, un bastone di ferro, utilizzato per picchiare un bracciante tra i filari, condotta dalla Squadra mobile cuneese, hanno partecipato anche il Reparto prevenzione crimine Piemonte, il Reparto cinofili, la Polizia scientifica e l’Ufficio immigrazione della Questura.
Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari sono stati posti sotto sequestro preventivo un immobile e cinque veicoli, tra automobili e furgoni, tutti utilizzati dagli indagati per accompagnare i braccianti sui luoghi di lavoro.
Al momento gli unici indagati sono i tre presunti caporali, migranti con precedenti penali, destinatari di misure cautelari nell’ambito di tre diversi filoni d’inchiesta, non collegati. Erano loro a impiegare la manodopera straniera per paghe da fame, nelle campagne tra Farigliano, Neive, Castiglione Tinella, Monforte d’Alba: dai tre ai cinque euro all’ora, con giornate lavorative dalle dieci alle quindici ore. Emergono tuttavia possibili ulteriori responsabilità: “La nostra prospettiva – spiega il questore di Cuneo, Carmine Rocco Grassi – si deve spostare ora su chi, non preoccupandosi delle condizioni di assunzione, si affida a cooperative o a soggetti come questi, pensando di potersi lavare le mani”, con chiaro riferimento agli imprenditori agricoli.