AgenPress. Voglio ringraziare Edi per la calorosa ospitalità in occasione di questo Vertice, e anche per avermi fatto sentire di nuovo molto giovane con quel video che ha mostrato alla cerimonia di apertura. Voglio anche rinnovare le mie congratulazioni a Edi per la riconferma – assolutamente inattesa – alla guida del Governo albanese. Sono contenta che l’Europa continuerà a contare sul suo spirito e sulla sua determinazione.
È la prima volta che l’Albania ospita la Comunità Politica Europea. Io credo che questo sia particolarmente significativo, non solo per questa Nazione, ma per tutti noi. Ho sempre reputato che l’identità europea fosse un dato di fatto, stabilito dalla storia ancor prima che dalla geografia, un concetto più difficile da racchiudere in una definizione che non a comprendere d’impulso.
Certo che l’Albania è Europa, come l’Italia o la Serbia o la Norvegia, a prescindere se facciano parte o no di questa o quella organizzazione. Per questo mi fa sempre sorridere quando qualcuno vorrebbe arrogarsi il diritto di decidere chi è europeo e chi no. Tra gli Stati che sono oggi seduti attorno a questo tavolo, diversi hanno deciso di non far parte dell’Unione europea, altri ambiscono a farne parte; gli uni e gli altri non sono meno europei dei 27 Stati membri della UE.
Eppure l’Unione Europea è a oggi la casa comune più solida nella quale realizzare quella che mi piace chiamare la “riunificazione europea”, fatta tra popoli diversi eppure parte di un tutt’uno, come le diverse dita di una mano. Popoli che si sono combattuti nell’arco dei secoli, ma che in realtà sono un unico popolo.
Anche per questo essere qui oggi significa compiere un passo in avanti nel processo storico di riunificazione dell’Europa. Perché, se vogliamo costruire davvero una “nuova Europa, in un nuovo mondo”, non possiamo immaginare di farlo senza i Balcani Occidentali, senza i loro popoli, senza le loro identità e senza il loro portato storico.
I Balcani Occidentali non si trovano ai margini dei confini europei o addirittura al di là del nostro Continente. Si trovano nel cuore del nostro Continente, sono la regione di cerniera tra l’Est e l’Ovest, tra quelli che San Giovanni Paolo II amava definire i “due polmoni” d’Europa.
Per questo motivo, l’Italia è impegnata, a Bruxelles, a far valere un approccio strategico ai Balcani Occidentali che tenga conto, pur nella complessità delle sfide che l’area presenta, della necessità di fornire a questi Paesi una chiara prospettiva di integrazione nell’Unione europea. Ovviamente, l’allargamento porta con sé nuove sfide, ma io rimango convinta che l’integrazione europea dei Balcani Occidentali – così come verso Est – rappresenti anche un investimento strategico nella sicurezza stessa dell’Europa, ancor più alla luce di ciò che sta accadendo ai nostri confini.
Viviamo in un mondo estremamente interconnesso, e dove l’interdipendenza dei nostri destini è un fatto. Ciò che accade ai confini orientali dell’Europa si lega a ciò che accade ai suoi confini mediterranei, e viceversa. La ferita che la guerra d’aggressione russa all’Ucraina ha inferto al sistema internazionale fondato sulle regole continua a produrre effetti destabilizzanti molto oltre i confini nella quale si consuma, e come un domino sta contribuendo a riaccendere, o far detonare, altri focolai di crisi. Lo abbiamo visto in Medio Oriente, ma non solo.
Continueremo per questo ad essere al fianco dell’Ucraina, e a lavorare affinché questa guerra possa finire subito, perché è dal ripristino della forza del diritto sul diritto del più forte che dipendono la nostra sicurezza e la nostra libertà.
E a proposito di Europa e libertà, reputo che non ci sia nulla di più europeo di un popolo disposto a rischiare ogni cosa pur di difendere la propria libertà e la propria indipendenza. L’eroismo e la tenacia del popolo ucraino ci ricordano ogni giorno che cosa è l’Europa e quale sia l’aspetto più profondo della nostra identità comune: la libertà.
Difendiamo la nostra libertà. E vogliamo la pace. Volodymyr e il popolo ucraino vogliono la pace, e lo abbiamo visto ancora una volta ieri. Il mondo ha visto chi era davvero disponibile a sedere a un tavolo di trattative, e chi invece no. E ciò chiarisce, anche rispetto ad una certa propaganda, chi cerca la pace e chi no.
Allo stesso tempo non dobbiamo interpretare quello che è successo ieri come un passo indietro, e gettare la spugna. Dobbiamo invece insistere, con determinazione, per arrivare finalmente ad un cessate il fuoco incondizionato e un vero accordo di pace con serie garanzie di sicurezza per l’Ucraina, e siamo assolutamente pronti a fare tutto il necessario per raggiungere questo obiettivo.
Colleghi, sono d’accordo con molte cose dette da Edi nel suo discorso, ma costruire “una nuova Europa in un nuovo mondo”, come recita il titolo di questa sessione, a mio avviso vuol dire – prima di parlare di quello che dobbiamo fare – ripartire dalle nostre fondamenta e riflettere principalmente su chi siamo. A nessuno di noi interessa rafforzare una qualunque forma di unione tra Stati europei, se non per proteggere ciò che siamo e ciò che vogliamo continuare ad essere nei prossimi decenni e nei prossimi secoli in un mondo in rapida evoluzione.
Perché se l’Europa si dimostra a volte incapace di affrontare le grandi sfide, non è per colpa di altri. La responsabilità è nostra, e tocca a noi scegliere se assecondare un declino, o – invece – combatterlo. E se decidiamo di combatterlo, il primo passo da fare è recuperare consapevolezza, che è principalmente la consapevolezza di chi siamo; di che cosa sia la civiltà europea; delle cose che abbia creato di grande nella storia dell’umanità.
Una sintesi di valori nata dall’incontro tra la filosofia greca, il diritto romano e l’umanesimo cristiano. Sintesi di valori che ha permesso alla civiltà europea di concepire un mondo nel quale la persona è centrale, la vita è sacra, e gli uomini sono liberi e uguali. Civiltà che rispetta le identità altrui senza però rinnegare la propria, e che costruisce pace laddove altri seminano distruzione. Noi siamo questo, siamo questo prima di ogni altra cosa, e penso che prima di tutto dobbiamo ricordarlo ogni giorno, se vogliamo costruire un’Europa che sia all’altezza del ruolo che gli attribuisce la storia.