Non creiamo il suicidio assistito o la eutanasia. Siamo anima e corpo

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AgenPress. La tradizione non è un valore aggiunto alla vita. È la vita. Non avrebbe senso una vita senza quella tradizione che richiama eredità identità e appartenenza. Sono codici spirituali che fanno dell’esistere una traversata nella pedagogia dell’essere. Non siamo “cose”. Siamo persone. Con l’essere persona si sottolineano il rispetto l’educazione l’etica.
Altri tre incisi nel cammino dell’uomo. Di quell’uomo che in ogni azione dovrebbe essere impareggiabile all’interno di un processo culturale il cui humus è dato da una visione antropologica del vivere. Non è tutto scontato. Ma non possiamo chiuderci in un egoismo che sceglie a proprio piacimento l’ordine del vivere e del morire. Non nasciamo per “caso”. Saremmo degli oggetti, appunto delle “cose”. Caso e cose non appartengono alla storia spirituale delle idee e tanto meno alla metafisica del pensiero. L’uomo è corpo e anima.
Non si può dare la morte al corpo passando attraverso l’anima. Possono sembrare metafore o un gioco a incastro del pensare. Occorre partecipare e condividere la sofferenza del corpo allteaverso l’anima perché per chi ha Fede la morte volontaria non è un sacrificio. È la ferita che si infligge alla propria storia di persona in incipit. Come l’aborto. Il feto è già pulsante. Scacciarlo dal ventre materno è ferire mortalmente un corpo in divenire e un’anima. Un sacrilegio. Dico sacrilegio. Non sacrificio. Il Nuovo Testamento è un Inno alla vita. Cristo è un mosaico di urli per la vita.
La vita si vive fino all’ultimo respiro naturale. Non posso io decidere di darmi la morte. Chi sono io per decidere? Il cristiano non fa i patti con la ragione. Nessun patto è dato. L’unica possibilità è affidarsi alla sacralità dell’esistere nell’esistente. Troppo facile mettere in mezzo il senso della fine. Il religioso chiama in causa il tragico in Croce. La sofferenza della Croce. Quando una civiltà decide sulla morte è la vittoria del relativismo sul tempo ontologico. Si annulla il Miracolo. Si annienta Cristo in Lazzaro. La scienza ha la sua logica. La fede ha il misterioso. Il mistero è una traversata nel deserto. Si distrugge la speranza. Chi non ha speranza vive di di-speranza. Davanti a un morente l’Idea diventa il trionfo del banale. Maria Donna orante ci ha insegnato che l’amore per la vita è un dono. Un dono generoso. Il dono non è soltanto ricevere. È soprattutto Donare.
Cosa vuol dire tutto ciò? Cerchiamo di entrare nel mistero e non nella fatalità. Il cristiano crede nel dono della vita perché è data da Dio. L’uomo con tutto ciò detto prima non può auto destinarsi. Come è stato per la nascita. La nascita è una attesa. Per questo si parla di “donna in attesa”. E il decidere di morire come si chiamerebbe? Autanasia? O perdita del proprio essere nel mondo certamente ma soprattutto del proprio essere in sé.
Certo la modernità ha colpito la tradizione ma i codici spirituali, ai quali facevo prima riferimento, non mutano nel tempo della modernità. Restano nella congenita visione della “restanza” dell’uomo che non sdoppia anima e corpo ma lega l’anima al corpo. Non rendiamo l’eutanasia un a normativa sul piano istituzionale e giuridico. È troppo importante l’uomo, l’uomo come persona, per delegare la sua vita e la sua morte a normative di leggi.
Pierfranco Bruni
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