Retribuzioni +2,6% su base annua
AgenPress. Secondo i dati resi noti oggi dall’Istat, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a settembre 2025 sale del 2,6% rispetto a settembre 2024.
“Un rialzo misero, al di sotto dell’inflazione. Gli stipendi continuano a non essere adeguati all’aumento del costo della vita” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Il confronto tra inflazione e stipendi, infatti, non si può fare per lo stesso periodo di riferimento, ossia con il dato tendenziale dell’inflazione di settembre 2025 quando l’indice Nic con tabacchi, era pari all’1,6% e questo perché che il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto è pari, sempre secondo i dati di oggi, a 27,9 mesi. Insomma, a settembre 2025 non si rinnovano i contratti scaduti in quel mese, ma quelli scaduti oltre 2 anni prima. Il raffronto, quindi, va fatto, semmai, con maggio 2023, quando l’inflazione era pari al 7,6% o con quella media del 2023, pari al 5,7%. Se a questo si aggiunge che siamo ben lungi dall’aver recuperato la perdita del 2022, quando l’inflazione era decollata all’8,1 per cento, ci si rende conto che il Governo farebbe bene a cambiare la manovra e a proseguire con il taglio del cuneo fiscale per gli stipendi più bassi come si è fatto in questi ultimi anni invece che ridurre la tasse a chi guadagna 50 mila euro e che certo non necessita di aiuti” prosegue Dona.
“Inoltre, il Governo dovrebbe risolvere alla radice il problema del sistematico mancato adeguamento dei salari al costo della vita, ripristinando la scala mobile all’inflazione programmata, almeno per chi ha un reddito inferiore a 35 mila euro” conclude Dona.
