Un’idea di futuro in televisione: Fondazione OMRI e Fondazione Pisa unite per il benessere dei giovani

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Fondazione Pisa e Fondazione Insigniti OMRI insieme negli studi di Telegranducato per raccontare la Costituzione in scena, con un linguaggio vicino ai giovani e uno sguardo condiviso sul benessere delle nuove generazioni


AgenPress. Certe trasmissioni televisive non si limitano a riempire un palinsesto. Accade, più raramente, che diventino uno spazio di ascolto vero, quasi un laboratorio pubblico in cui idee, esperienze e visioni si incontrano. La puntata di “A casa di… Massimo” andata in onda su Telegranducato ha avuto questo passo: quello di una conversazione che non corre, ma accompagna.

Lo si è percepito fin dall’accoglienza in studio. Non la ritualità fredda dell’intervista, ma un clima disteso, quasi domestico, in cui il conduttore Massimo Marini ha lasciato che gli ospiti raccontassero, prima ancora di spiegare. In questo contesto, la figura di Francesco Tagliente è emersa con naturalezza: non tanto come presidente di una Fondazione, ma come interprete di un’idea di servizio che continua anche oltre gli incarichi formali.

La trasmissione ha preso corpo attorno a un progetto che già dal titolo incuriosisce: “Di sana e robusta Costituzione”. Un’espressione che richiama il corpo, la salute, l’equilibrio, e che diventa metafora efficace per raccontare lo Stato come organismo vivo, fatto di organi, funzioni e relazioni. Ma il dato più interessante non è la metafora in sé: è il pubblico a cui si rivolge.

Trecento ragazzi che escono dall’aula e entrano in un teatro per ascoltare parlare di Costituzione. Non per assistere a una cerimonia, né per subire una lezione frontale, ma per vivere un’esperienza diversa di apprendimento. Durante la trasmissione, questo passaggio è stato raccontato senza enfasi, e proprio per questo è apparso potente. Perché dice molto del modo in cui oggi si può – e forse si deve – parlare di educazione civica.

Il teatro, spiegavano gli ospiti, non è un’alternativa alla scuola, ma un suo prolungamento. Cambia lo spazio, cambia la postura dell’ascolto, cambia il modo in cui i contenuti arrivano. Seduti in platea, i ragazzi non sono “interrogati”, ma coinvolti. E in quel coinvolgimento si crea una disponibilità nuova a comprendere concetti che, sui libri, rischiano di restare astratti.

La trasmissione ha avuto il merito di non semplificare questi temi, ma di renderli accessibili. Lo si è visto negli interventi collegati da remoto, dove il discorso si è allargato alla prevenzione, alla fragilità sociale, al rapporto tra istituzioni e cittadini. Qui il racconto ha assunto un tono quasi autobiografico: storie di pronto soccorso intasati, di marginalità invisibili, di progetti nati per evitare che il disagio diventi tragedia.

In questo mosaico, la Costituzione non è mai apparsa come un testo distante o retorico, ma come una mappa concreta per orientare le scelte pubbliche e private. Parlare ai giovani di diritti e doveri, in questo contesto, ha significato mostrare loro che quelle parole scritte settant’anni fa hanno ancora effetti reali sulle loro vite quotidiane.

Guardando la trasmissione, si aveva l’impressione che il vero filo conduttore non fosse un singolo progetto, ma un’idea precisa: l’educazione come responsabilità condivisa. Scuola, istituzioni, fondazioni, università, televisione locale. Ognuno con un ruolo diverso, nessuno sovrapposto all’altro. Un’alleanza silenziosa, più pratica che ideologica.

Quando la puntata si è chiusa, non è rimasta la sensazione di aver assistito a una vetrina, ma a un racconto corale. Di quelli che non cercano l’applauso immediato, ma lasciano una domanda aperta: come aiutare le nuove generazioni a riconoscere la Costituzione non come un obbligo da studiare, ma come una struttura che le riguarda da vicino?

Forse la risposta sta proprio in quell’immagine evocata più volte durante la trasmissione: ragazzi che escono dall’aula per entrare in un teatro. Non per fuggire dalla scuola, ma per incontrarla da un’altra prospettiva. In fondo, anche la democrazia ha bisogno, ogni tanto, di cambiare posto a sedere per essere ascoltata meglio.

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